Cgil - Convegno Occhio al futuro.

Ieri il Civ dell’Inps ha bocciato il bilancio preventivo dell’istituto per il 2017.  Tra i principali rilievi la «carenza di risposte» su questioni rilevanti come la gestione del patrimonio immobiliare. Basta dare un’occhiata alla relazione della Corte dei Conti sulla gestione Inps nel 2015 per scoprire che il mattone previdenziale ha fruttato solo 8 milioni di euro.

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Eppure gli immobili da reddito di proprietà dell’istituto guidato da Tito Boeri sono circa 30mila (30.362 per la precisione). Questo vuol dire che ogni unità ha reso mediamente 263,49 euro (21,96 euro al mese). L’89% circa del patrimonio era di proprietà degli enti soppressi dei dipendenti pubblici (Inpdap e Inpdai). Infatti circa 25mila unità immobiliari sono residuati dalle cartolarizzazioni Scip 1 e Scip 2, i cui risultati sono stati negativi.  Il patrimonio immobiliare «di pregio» rappresenta soltanto l’8% del portafoglio complessivo dell’Inps (circa 2.600 unità immobiliari, di cui 1.272 residenziali). Insomma, la gran parte è edilizia che si può tranquillamente definire «popolare». A questo proposito, la categoria «Senza titolo» comprende esclusivamente le unità occupate senza alcun titolo giuridico il cui numero sale a 8.101 (9.169 nel 2014) se vi si aggiungono anche gli immobili con contratto di locazione scaduto. Possiamo, dunque, concludere che il patrimonio immobiliare Inps non solo è di bassa qualità, ma che oltre la metà (il 51,8%) è libero e che il 26,7% (oltre un immobile su quattro) è occupato abusivamente. Insomma, produce reddito poco più di un immobile su cinque (21,5%).

 

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Nella tabella sopra possiamo assistere allo «spettacolo» che si trova dinanzi colui che voglia analizzare la redditività degli immobili Inps. Nel 2015 una perdita di quasi 71 milioni di euro, a fronte di una consistenza patrimoniale di 2,527 miliardi di euro. Il tutto si traduce in un Roe negativo per il 2,81 per cento. Frutto del cattivo andamento sia degli immobili a gestione diretta Inps (1,172 miliardi, Roe -2,53%) che di quelli affidati in gestione a società esterne (1,355 miliardi, Roe -3,05%). Eppure l’Inps spende 5,3 milioni per il personale che si occupa di gestire direttamente gli immobili e compensa con circa 5,5 milioni i gestori esterni.

La colpa della situazione attuale non è di Boeri. Il supermanager ha, tuttavia, una responsabilità: non essere riuscito a determinare un’inversione di tendenza. Certo, questi numeri – per quanto ragguardevoli – sono piccoli se confrontati con il bilancio Inps (405 miliardi di entrate e 411 di uscite), ma evidenziano l’incapacità tutta italiana di gestire adeguatamente la cosa pubblica.

Ecco, Boeri non è stato messo in grado di superare l’impasse di una gestione dissipativa. Il patrimonio originario dell’Inps e quello di vecchi enti disciolti è, infatti, ancora affidato alla Igei spa (partecipata al 51% dall’Inps e con il 9,6% ciascuno dalla coop Cmc, da Vianini Lavori del gruppo Caltagirone, da Prelios e dalla Sti dell’immobiliarista torinese Ezio Bigotti), ancorché posta in liquidazione dal dicembre del 1996. Perché esiste ancora la Igei? Perché da sei anni non si riesce a bandire la gara per la gestione del patrimonio Inps. L’appalto era stato vinto proprio da un’associazione temporanea di imprese guidata da Prelios, ma i successivi ricorsi degli altri partecipanti (tra i quali Romeo Gestioni e Cofely) hanno bloccato tutto. Nel 2015 il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso di Romeo Gestioni (cui è affidato il patrimonio ex Inpdai del valore di 1,143 miliardi) e le lancette sono tornate al punto di partenza.

«La strategia per la gestione e valorizzazione unitaria del patrimonio immobiliare da reddito non si è tradotta in interventi concreti», ha scritto pure la Corte dei Conti. «Per tutto il 2016 non è stato posto in essere alcun passo in avanti per una congrua collocazione del patrimonio immobiliare non strumentale», hanno aggiunto i magistrati contabili che hanno puntato il dito contro la difficoltà nel finalizzare l’intesa con Invimit (la Sgr immobiliare del Tesoro) per la costituzione di fondi comuni di investimento immobiliare tramite i quali procedere alla valorizzazione e alla dismissione. Una volta costituito il Fondo i3-Inps, infatti, è iniziata la «Via Crucis» relativa agli immobili da conferirvi. In pratica, il famigerato Civ ha bloccato il piano di Boeri per liberarsi della palla al piede degli immobili. Perché? Perché ha chiesto il mantenimento delle garanzie e delle tutele che erano state concesse agli inquilini ai tempi delle cartolarizzazioni. È partito, così, un tavolo tecnico al ministero dell’Economia per – riportiamo testualmente dalla Corte dei Conti – «lindividuazione di misure di raccordo normativo, di semplificazione e accelerazione delle procedure per la dismissione del patrimonio immobiliare». E così gli immobili restano improduttivi, l’Inps continua a spendere e Boeri forse si starà pentendo di essersi preso questa gatta da pelare…

 Wall & Street

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