Viva Paperone!
L’Agenzia delle Entrate, sulla base dell’ultima legge di Bilancio, ha emanato il provvedimento operativo della norma studiata per attrarre in Italia la residenza dei «grandi contribuenti». Si tratta di un provvedimento ad hoc che riguarda solamente i contribuenti persone fisiche (quindi non le società) che di fatto trasferiscono la residenza fiscale in Italia. Tali persone non devono essere però state residenti in Italia in almeno 9 dei 10 periodi di imposta che precedono l’inizio del periodo di effettiva validità dell’opzione. La flat tax colpisce gli effettivi redditi prodotti all’estero mentre, ad esempio, non si applica alle plusvalenze realizzate con la cessione, sempre a titolo oneroso, di partecipazioni qualificate e quindi realizzate nei primi 5 periodi di imposta di validità dell’opzione. Si apre così la porta non solo al Bel Paese turistico, ma consequenzialmente anche al sistema fiscale italiano collegato ai ricchissimi di tutto il mondo che vogliono stabilire qui la loro residenza. Ciò permetterà all’Italia di giocarsi una grossa chance anche per convincere a trasferirsi in Italia le grandi multinazionali ed i relativi manager in fuga dalla City londinese dopo la Brexit. Non a caso il roadshow del ministero dell’Economia per presentare oltreconfine la novità è cominciato proprio da Londra. Questa norma potrebbe, inoltre, facilitare l’attrazione nel nostro Paese di capitale umano con tangibili benefici socio-economici.
Un regalo dello Stato a Zio Paperone? «Non è così», ci spiega Fabio Accinelli, esperto di diritto finanziario, sottolineando che «è proprio il contrario perché si innescherebbe un meccanismo tale da portare un aumento proporzionale del gettito fiscale, proprio convincendo i manager e le aziende correlate aziende a trasferirsi, de facto, in Italia permettendo di trasformare città come Milano in vere e propri financial hub dell’Europa». Appare evidente il grado di interesse economico che tale soluzione porta effettivamente a chi guadagna da 250mila lordi annui in su. A prescindere dalla somma effettivamente percepita, il soggetto contribuente pagherà al fisco italiano 100mila euro più altri 25mila euro all’anno per ogni familiare a carico.
«Queste persone, trasferendo la loro residenza in Italia, saranno tassate per ciò che concerne specificatamente i successivi redditi prodotti in Italia, quindi si troveranno a pagare le tasse esattamente come ogni altro comune cittadino italiano: unica diversità è che sarà loro riservata una tassazione, come detto, forfettaria di 100mila euro per i redditi derivanti da patrimoni che rimangono però all’estero», ribadisce Accinelli. «Non si tratta -aggiunge – di un “nuovo condono”, come sostiene qualche addetto ai lavori, perché questi contribuenti sono individui che non hanno alcun tipo di rapporto con il nostro fisco nel senso tecnico-giuridico, cioè non sono debitori di nulla verso lo Stato italiano essendo residenti altrove». Considerato che condono vuol dire sanare e scontare delle tasse a qualcuno che avrebbe dovuto versarle e non le ha versate, appare chiaro che si tratta di due situazioni agli antipodi.
La flat tax – mutuata da un sistema già da tempo applicato sia nel Regno Unito che in Portogallo, Spagna e Malta – da noi ha avuto una gestazione più lunga in considerazione del problema di incostituzionalità che era stato sollevato da alcuni studiosi nel momento della predisposizione dell’ultima legge di Bilancio, e ciò in considerazione del fatto che potesse essere in contrapposizione con l’articolo 53 della Costituzione che recita: «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva” e “il sistema tributario è informato a criteri di progressività». Da una attenta analisi, però, si evince che il problema di incostituzionalità non risiede in questo provvedimento, in primis perché, spiega Accinelli, «i nuovi residenti andranno regolarmente a pagare le tasse dovute sui redditi prodotti in Italia esattamente come tutti gli altri cittadini, e, inoltre, perché, come da interpretazione giurisprudenziale della Corte Costituzionale, l’articolo 53 è da sempre visto come una norma oggettiva e generale di valutazione di una “posizione fiscale complessiva” tale da tener conto non solo delle imposte sul reddito ma anche delle reali ed effettive imposte sui consumi: ciò fotografa una tipologia di persone con un alto profilo e patrimonio, soggetti economicamente e fiscalmente individuati e definiti come High net worth individual».
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