La crisi ha lasciato l’Italia con le scarpe bucate. Le famiglie, martellate dalla cura di tasse ordinata dal governo Letta e rimaste senza stipendio per i posti di lavoro distrutti dalla recessione, stanno risparmiando su tutto quello che possono. A partire dall’acquisto di calzature da uomo che, secondo le statistiche del Fashion Consumer Panel curate da Sita, sono scesi in numero del 4,2% nei primi nove mesi dell’anno e del 9,5% in termini di spesa. A dimostrazione di come, lusso a parte, si tiri la cinghia. La debolezza della domanda interna ha indotto, nei primi tre trimestri, un calo complessivo delle importazioni del comparto pari al -2,9% in quantità (-1,8% in valore).

 

L’Italia produce ogni anno 33,5 milioni di paia di scarpe da uomo con tomaio in pelle, per un controvalore di 1,6 miliardi di euro. Rispetto all’anno precedente, a consuntivo 2012 si è registrato un calo in quantità del 5,2%, accompagnato da un aumento in valore del 2,9%. La zoppia è quindi manifesta ma attenuta dal bastone dall’export, dopo la battuta d’arresto del 2009 legata alla recessione mondiale, ha ripreso quota, recuperando in valore i livelli pre-crisi. Nei primi 9 mesi 2013 si è attestato a 1,26 miliardi di euro; erano 1,14 nell’analogo periodo 2008.

 

 

Quasi sei calzature su 10 vendute oltre i confini nazionali hanno avuto come destinazione uno dei Paesi dell’Unione Europea. La Francia (+6% in valore, pur con un -2,5% in quantità) si è confermata il principale mercato, seguita dalla Russia, che cresce sia in valore (+6,5%) che in volume (+10,7%). Gli anni recenti sono stati caratterizzati da un processo di upgrading piuttosto accentuato, che ha permesso di compensare le contrazioni registrate nelle quantità. Il prezzo medio all’export delle scarpe da uomo è passato infatti da 41,65 euro (primi 9 mesi 2008) ai 60,23 euro attuali (gennaio/settembre 2013). Un incremento notevole (+44,6%), che resta su valori elevati anche al netto dell’inflazione (nell’ordine del 30%). Nei primi 9 mesi 2013 il prezzo medio più elevato tra i 20 principali mercati di sbocco è stato fatto segnare dalla Cina (131,78 euro). Superiore ai 100 euro al paio anche quello verso Hong Kong e Ucraina. Di poco al di sotto, ma ben più elevato rispetto alla media, il prezzo dell’export verso la Russia (96,51 euro).

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