La Fuga: pochi mezzi, cuore grande
Non è un caso che gli ultimi due post, del mio blog, siano dedicati a Stefano Calvagna. Evidentemente, il suo modo di fare cinema colpisce chi, come me, per lavoro, deve praticamente vedere tutto quello che passa il convento cinematografico. Da qualche giorno, è uscito il suo ultimo film, La fuga, che riassume, al meglio, gli stilemi del suo rapporto con la settima arte. I suoi non sono prodotti autoreferenziali, chiusi in se stessi, relegati a manifesto ideologico, espressione del proprio ego. Calvagna non si erge sul pubblico. Lui dialoga con la gente, la fa sentire protagonista. Il suo neorealismo borgataro è fatto con arte, è vivo, vero, genuino (a volte, è un limite nei suoi film). Nei suoi noir metropolitani, girati con pochi mezzi, dà voce ai perdenti (che tali non sono), li esalta, li elegge a eroi romantici e sognatori (il desiderio di fuga); che è un po’ il riassunto della sua storia artistica. Pur essendo uno dei rari registi di destra, con tutte le difficoltà di chi rema controcorrente in un mondo che guarda praticamente solo a sinistra, Calvagna riesce, miracolo, a sopravvivere nel grande circo della cinematografia italiana. Facendolo di tasca propria, senza chiedere, cioè, i soldi a noi cittadini con gli insopportabili finanziamenti. In pratica, il Custer de noantri. Per farlo, deve adattarsi a fare un po’ tutto. La Fuga è stato scritto da lui, diretto da lui, interpretato (anche) da lui, cantato da lui (una canzone con testo di Vecchioni), nel quale ha un piccolo ruolo anche il giovanissimo figlio Niccolò, volto noto (sia al cinema, sia nelle fiction tv) e ormai attore affermato Con l’aggiunta di un cast di supporto composta da ottimi professionisti, nel quale non sfigura una convincente Mietta. La storia è quella di Saverio (il bravissimo e intenso Claudio Vanni) che dopo una rapina in banca, si nasconde in casa di una escort. Ci è scappato il morto, ma anche se il ladro è innocente, cercano di addossargli la colpa, mentre la polizia lo circonda. Non aggiungo altro per non guastare la visione, raccomandando un occhio di riguardo per la sorprendente fotografia. E’ un film con tante virtù e pochi perdonabili vizi. Ribadisco, La Fuga è girato con pochi mezzi, ma con un cuore grande.