Non mettete in croce il capostazione di Andria
Ho visto la foto del ferroviere che si è assunto le responsabilità del disastro in Puglia. In divisa, con quel cappellino e la paletta, fiero del suo lavoro. Ho compassione per lui e per i suoi familiari.
Lo riconosco, mi sto cacciando in una brutta situazione. Qualcuno potrà rinfacciarmi il fatto che non solidarizzi e non stia sentimentalmente vicino ai familiari di tutti quei morti. Invece, lo sono! Una vicenda del genere può provocare rigurgiti animaleschi solo a qualche invasato su internet, pronto ad esultare per le decine di ‘terroni’ eliminati per sempre dalla faccia della terra. Credo che tutta l’Italia sia in questo momento vicina al loro lutto. Ne immagino sofferenze e ferite dell’animo che non potranno essere rimarginate con una vita intera. Strazianti perdite che segneranno ogni singolo istante delle loro giornate.
Ma ho visto quella foto. L’immagine di un uomo che non si è tirato indietro dalle sue responsabilità e che pagherà per il suo tragico errore. Giustamente pagherà. Eppure avrei voglia di fargli una carezza o abbracciarlo.
Mi fa rabbia, al contrario, il moltiplicarsi in queste ore di trambusto emotivo di esperti di logistica ferroviaria che sapevano tutto ed immaginavano tutto. Di una classe politica da quattro soldi (di destra, di centro e di sinistra) che chiusa nella sua torre d’avorio e mai salita su uno di quei treni scassati, ci spiega ora, e fin nei minimi particolari, ogni aspetto della vicenda, quali siano le nuove tecnologie, quali i fondi da utilizzare, e così via.
Ho visto la foto di quel capostazione e ho visto le immagini di quei morti e di quei pianti. In quella foto e in quelle immagini ci siamo noi, dall’una e dall’altra parte. Con le nostre misere vite in balia di sciacalli che vedremo ai funerali seduti in prima fila. Magari pronti a versare qualche lacrimuccia di circostanza per poi far ritorno a casa nelle loro schifosissime macchine blindate.