Bergoglio e la ‘non guerra di religione’.
“Il mondo è in guerra. Ma non di religione”. Il Papa mi spiazza. Non osando contraddirlo, corro a consultare la Treccani, mia fidata consigliera. Scarto dunque il termine ‘religione’ e mi scaravento sul termine ‘guerra’.
Per la Treccani dicesi guerra: «Conflitto aperto e dichiarato fra due o più stati, o in genere fra gruppi organizzati, etnici, sociali, religiosi, ecc., nella sua forma estrema e cruenta, quando cioè si sia fatto ricorso alle armi; nel diritto internazionale è definita come una situazione giuridica in cui ciascuno degli stati belligeranti può, nei limiti fissati dal diritto internazionale, esercitare la violenza contro il territorio, le persone e i beni dell’altro stato».
Ma pure la Treccani mi spiazza.
- Il conflitto non è tra due Stati perché è generalizzato ed in ogni parte del mondo.
- Non è tra gruppi organizzati perché, anche se alcuni effettivamente lo sono, altri invece sembrerebbero cani sciolti. Cellule isolate e taluni si muoverebbero anche singolarmente.
- Non è tra gruppi etnici perché già all’interno delle stesse etnie (sciiti, sunniti, eccetera) vi sono diversificazioni e scissioni peggio di quelle dell’atomo. E poi quando colpiscono con atti di terrorismo hanno come scopo primario provocare, appunto, del terrore e non l’annientamento di una sola precisa etnia o cultura. Sparano, bombardano e colpiscono alla cieca, anche se hanno una predilezione particolare per gli occidentali.
- Non è tra gruppi sociali perché tra i terroristi vi sono universitari e indigenti, uomini facoltosi e vecchi rincitrulliti dall’odio religioso, professionisti e borghesi così come nulla facenti e ideologizzati.
In conclusione, a me pare uno stupido gioco dell’oca dove si continua ad andare avanti ed indietro. E perciò ritorno direttamente al punto di partenza che, per me, è Carl Schmitt con la sua ‘teoria del partigiano’. E’ vecchiotta di mezzo secolo ma è l’unica affidabile. Da lì, dal numero uno, per ora, non mi muovo.