Caro Crosetto, sul fascismo ti sbagli
Guido Crosetto, tra i pochi politici che argomenta sempre con una certa pacatezza e capacità di elaborazione intellettuale senza mai piegarsi alla bassa propaganda e alla retorica, sta da qualche settimana subendo una pericolosa metamorfosi che in tanti inquadrano nella ‘sindrome di Montecarlo’.
Di solito, si lancia con acutezza nelle dispute televisive senza cadere nell’orripilante teatrino manicheo dove ruoli e maschere sono assegnati in partenza e cerca di ragionare con equilibrio. Ma, ahimè, sotto quella Fiamma ci deve essere qualche maledizione; qualcosa di simile ad un incantesimo legato a leggende ancestrali tanto che il deputato di Cuneo, quasi preso dall’agitazione che precede l’estasi, sbanda pericolosamente ogni qualvolta si arriva a parlare di fascismo e antifascismo, così come fecero non pochi dei suoi predecessori in quel partito. E così inizia a prendere le distanze, a fare delle analisi arzigogolate, infine a schierarsi da una parte che non dovrebbe essere la sua. Dovrebbe schivare domande e tranelli, ma se proprio tirato dentro a forza non rassegnarsi alla solita cantilena ‘democratica’, ‘resistenziale’, eccetera.
L’ultima ammenda, qualche sera fa a Matrix, il programma di Nicola Porro. Il rappresentante di Liberi e Uguali, l’onorevole Roberto Speranza, lo ha incalzato sulla manifestazione indetta dall’ANPI (associazione nazionale partigiani), obiettando che formazioni politiche come Fratelli d’Italia e Lega avrebbero dovuto prendervi parte. E la risposta di Crosetto non si è fatta attendere: «Roberto, se fossi a Roma e non fossi nella mia terra …come tu sai, impegnato in una difficile campagna elettorale, …sarei con te, quindi ti autorizzo a dire che sono con voi. E lo dico da Coordinatore nazionale di Fratelli d’Italia».
E a questo punto, verrebbe da dire, prima di ogni altra considerazione, perché tengano ancora quella Fiamma nel simbolo del partito. Fiamma che, negli ultimi anni, non era vessillo di pseudo rivoluzionari pronti a violenze generalizzate ma solo simbolo di chi non si arrendeva alla logica di una Storia letta, studiata e interpretata in maniera capziosa. E questo, lo ripeto ancora, non perché qualcuno volesse tornare indietro nel tempo, ad un passato idealizzato e giudicato in maniera benevola e positiva, ma per ristabilire equità di giudizio storico, come d’altra parte fecero pensatori di prim’ordine come Renzo De Felice e Ernst Nolte.
Cadere nella trappola di una discussione asfittica sull’antifascismo, nel 2018, è idea balzana e improduttiva ma, purtroppo, Crosetto ci cade ogni volta. E dispiace vedere che questa benedetta ‘sindrome di Montecarlo’ abbia colpito pure lui che, oramai, ad ogni apparizione pubblica sente la necessità di definirsi ‘antifascista’, democratico, rispettoso dei dettami della Costituzione, anche quando non glielo chiedono; allo stesso modo di come facevano, fino a qualche anno fa, i suoi predecessori quando si scusavano, quasi si pentivano, o facevano abiure non richieste.
Sul tema fascismo-antifascismo, Crosetto infatti non argomenta come suo solito ma cade nel solito e stantio tranello degli avversari. Legge la realtà in maniera manichea, confonde storia e politica, e quindi si schiera subito da una parte che crediamo non sia la stessa dei suoi elettori.
Il fascismo è morto con Mussolini, caro Crosetto. Lo abbiamo ripetuto centinaia di volte. E definirsi antifascisti nel 2018 sa solo di captatio benevolentiae. Questi distinguo avevano forse una loro opportunità ed esattezza nei decenni immediatamente successivi la Seconda guerra mondiale. Ora rischiano di essere patetici. Come rischia di essere patetico Roberto Speranza che dà agli altri la patente di democraticità.