Studenti in piazza… solito refrain
A proposito di cortei studenteschi, un brano tratto da L’ubbidiente democratico
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Malgrado il contesto sia da teatro di rivista e stiamo sempre a preoccuparci con interesse crescente di mediocri riforme della scuola che ogni nuovo mediocre Ministro dell’istruzione porta in dono nel nuovo mediocre Consiglio dei ministri, solo pochi hanno l’ardire di affermare che l’ultima degna di questo nome e che entrò nella viva carne del Paese fu quella di Giovanni Gentile. Almeno fu chiara nei contenuti e negli obiettivi. Indicò senza tentennamenti una visione e una strategia generale cui il complesso culturale scolastico doveva rigidamente attenersi. Per il resto, tutte quelle venute dopo sono state utili per mettere in moto la dolce routine delle occupazioni studentesche che prende casualmente il via qualche settimana prima delle vacanze di Natale e consuma i suoi ultimi fuochi a meta gennaio. Vale a dire, giusto il tempo di fare un ponte lungo un mese e poi chissenefrega.
E va da se che, per simili iniziative, non ho mai fatto mancare il mio modesto contributo. La scuola non mi è mai andata a genio, lo studio sì. E nella mia personale visione della vita, le due cose non riescono mai a combinarsi. Ma c’e un di più. Ogni sorta di manifestazione politica o sindacale è soggetta alla ciclicità delle crisi e alla situazione generale, subisce insomma l’andamento sinuoso del dibattito pubblico, delle condizioni del Paese o della politica estera. Le contestazioni contro le riforme della scuola, no!
Smuovono migliaia di studenti adusi a proclami triti e ritriti, copia-incolla di quelli dei loro avi sessantottini, e giovani donzelle mascherate da neo-femministe pronte a stramazzare al suolo di fronte alle suadenti asserzioni del tribuno di turno; il quale, sempre provvisto di megafono ereditato da papà e mamma, a dispetto del suo ruolo pubblico di agitatore collettivo, è sempre un egoista con una nitida visione del futuro, del suo futuro. Come infatti vuole ogni meschina nemesi italiota, è certo che ce lo ritroveremo qualche anno più tardi nei piani alti di quella borghesia capitalistica che voleva annientare, pronto a farsi lisciare il pelo dai frequentatori dei salotti buoni, a scrivere per qualche importante giornale, occupare qualche seggiola in prestigiosi consigli di amministrazione o, nella peggiore delle ipotesi, in Parlamento.