Il Novecento ha marchiato il suo incedere con un carico di tragedie ma anche con inusitata forza teoretica ed ideologica. Una forza talmente esplosiva che, seppur per via indiretta e con ripercussioni meno violente, è riuscita a riverberarsi anche in questi primi due decenni del nuovo millennio. Sarà stato dunque breve, come scrisse Hobsbawm o, al contrario, sterminato come dice Veneziani ma, nonostante una celata riluttanza che ci porta a far finta che abbiamo per sempre abbandonati certi stilemi e modi di pensare, nessuno sfugge alla regola aurea di una sempiterna connessione con quel passato.

 

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Tutto ciò accade perché seguendo la linea interpretativa di Corrado Ocone (La chiave del secolo, Rubbettino, p.180) anche nuovi concetti e categorie che paiono appartenere solo al nostro tempo rivelano invece i propri germi identificativi in quell’avventura caotica e straripante del secolo scorso. Un lasso di tempo in cui si portò a compimento il progetto moderno che aveva caratterizzato le vicende europee ed occidentali degli ultimi secoli ma che giunse solo allora a radicalizzazione.

Fu in quel momento che la fondamentale matrice illuministica, che secondo Ocone è il marchio di fabbrica dell’intera modernità, rivelò al massimo grado ogni sua componente. Perché questo è il punto. Pur nella tragedia apocalittica, il Novecento ha avuto il merito di far esplodere alla massima potenza gli arsenali ideologici e quelli metafisici, l’analisi storica e quella sociale, pur affinando e rincorrendo ogni sconsiderata contraddizione.

Fu un grande oceano, agitato da pensatori immensi e da tendenze culturali e piattaforme di filosofia politica (in specie quelle italiane) che lette ora, a distanza di sicurezza, danno un senso generale non tanto di compiutezza ma di disordinata organicità e di profondità. O meglio, di assoluta radicalità, per utilizzare il vocabolario di Ocone. E infatti, taluni concetti, tutti moderni, posti in una condizione di radicalizzazione possano mostrare il volto oscuro. Il concetto di Individuo, per esempio, che sfocia nel nichilismo e nella perdita di senso quando ci si abbandona all’emancipazione individuale assoluta. Il concetto di Ragione che, sin dalla Rivoluzione francese, ha mostrato le sue derive totalitarie anti liberali. Il concetto di Verità che regredisce in relativismo quando disconnesso dalla storia.

E così egli fa bene a riprendere tragitti articolati e autori diversissimi fra loro, come Ernst Nolte, Robin George Collingwood, Jacques Derrida, Friedrich von Hayek, Benedetto Croce, Guido De Ruggiero, non arretrando il punto di vista di fronte ad analisi su fenomeni sociali o correnti filosofiche come il sessantottismo, il Nuovo realismo di Ferraris, l’Italian Theory di Roberto Esposito.

Attraverso di essi Ocone può ritornare sulla crisi che investì l’Europa, su quell’arsenale ideologico che smosse ogni singolo anfratto del continente, sul futuro della civiltà occidentale e sugli indirizzi culturali, pur tuttavia salpando da una sponda chiara, quella liberale, a cui appartiene e da cui legge ogni singolo passaggio.

E in fondo, questo suo peregrinare, non può che prendere le mosse dall’idea di comprendere il senso e quindi il fine non solo del Novecento ma dell’intera modernità. Se quel secolo è stato infatti il momento di massima radicalizzazione di un lungo processo vuol dire che tutta la potenza acquisita da teorie e filosofie, a distanza di qualche decennio, potrebbe finalmente mostrare oltre alle zone d’ombra e alle proprie matrici anche le direzioni di senso.

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