Il problema non è che Robert De Niro, a Cannes, metta in guardia dal fascismo.
Il problema non è che Elio Germano reciti spesso in film finanziati con soldi pubblici, fingendo di non saperlo.
Non è nemmeno che Geppi Cucciari, Luca Marinelli, Luca Guadagnino esprimano la loro opinione. Il vero problema è che hanno sempre una sola idea da condividere, la stessa opinione, sullo stesso argomento, in ogni contesto, e sempre dalla stessa prospettiva. Ignorano tutto il resto.
Mai un confronto serio sulla letteratura, sulla scrittura, sulla sceneggiatura. E, per carità, non dico che dovrebbero farlo con me, che sono un modesto scribacchino e consapevole delle proprie lacune; ma almeno fra di loro sarebbe il minimo.
Mai una citazione di Camus o Sartre, una riflessione sul surrealismo di Wes Anderson, sul nichilismo di Lars von Trier, sui piani narrativi di Antonioni o di Germi, su temi filosofici o, quantomeno, un po’ più impegnativi. Il fatto che tutto si riduca a una litania ossessiva e unidirezionale dà l’impressione che l’unico libro che abbiano mai letto sia la sceneggiatura del loro ultimo film.
Sono chiusi, limitati, aridi, anche se lo nascondono dietro abbondanti dosi di sarcasmo.
Rinsecchiti come una pianta nel deserto, trovano rifugio in un manicheismo di maniera, alquanto sempliciotto, in cui il mondo si divide immancabilmente tra i buoni — naturalmente loro — e i cattivi (e rincretiniti), cioè tutti gli altri.
Parlano sempre e solo al proprio ombelico, rinfrancati dalla loro boria e da una saccenza senza limiti.
Rinchiusi in un discorso culturale che, nel corso dei decenni, è diventato sempre più povero, privo di contenuti di rilievo… proprio come i loro film.
Che noia mortale!
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