Vita di Gesù di Ernst Renan, pubblicata nel 1863, è uno dei volumi più controversi dell’Ottocento europeo. La sua comparsa suscitò accese dispute e un diffuso turbamento in diversi ambienti, poiché le tesi sostenute vennero giudicate da molti come blasfeme oltre che scandalose. Il carattere destabilizzante del libro consisteva nell’affrontare la figura di Gesù Cristo secondo categorie storiche, liberandola dal contesto miracoloso e trascendente in cui era stata naturalmente collocata.

Cristo è presentato come un uomo la cui nascita, predicazione e morte vengono esaminate alla luce di eventi documentabili, sostenuti da fonti attendibili e sottoposti a un vaglio filologico rigoroso. In sostanza, Renan applica ai Vangeli le stesse metodologie riservate alle fonti storiche, relegando sullo sfondo, o eliminando del tutto, l’elemento soprannaturale.

Le conseguenze non si fecero attendere e Renan perse anche la prestigiosa cattedra al Collège de France, da cui era stato da poco chiamato a insegnare.

Nonostante proteste e condanne, l’opera – inizialmente concepita come parte di un più vasto progetto dedicato alla Storia delle origini del cristianesimo – ottenne un successo editoriale straordinario. Nell’immediato furono vendute oltre sessantamila copie, superando in popolarità un capolavoro come Madame Bovary.

L’impianto dell’opera si colloca a metà strada tra l’indagine filologica e quella storica. La lettura che Renan offre del Vangelo — già esposta nelle sue lezioni al Collège de France — privilegia un approccio razionale e critico, in cui la dimensione umana di Gesù prevale nettamente su quella divina. Di conseguenza, i miracoli, i dogmi e gli elementi dottrinali vengono progressivamente ridimensionati, o meglio, del tutto esclusi dall’analisi. Gesù vi appare come una figura eccezionale sul piano morale, un maestro spirituale inserito in un contesto storico plausibile, il cui insegnamento etico si collocherebbe tuttavia sullo stesso piano di altri grandi protagonisti della storia dell’umanità. E se il miracolo viene interpretato come evento naturale, il messaggio evangelico è riletto come un alto appello alla solidarietà e alla fraternità universale.

A partire da tali presupposti, Renan non esita ad accusare la Chiesa di aver tradito la purezza originaria del messaggio, trasformandosi progressivamente in una nuova istituzione di potere, erede e sostituta dell’impero romano.

Un approccio rivoluzionario, il cui senso si chiarisce anche attraverso alcuni tratti biografici dell’autore. Rimasto orfano di padre a cinque anni, viene avviato al seminario, ma prima di ricevere gli ordini sacri abbandona quella strada. Si dedica così agli studi filologici e filosofici, intraprendendo ricerche anche in Italia sull’averroismo — tema della sua tesi — e viaggiando a lungo in Oriente, dove ebbe occasione di confrontarsi con culture e religioni. Al Collège de France ottenne la cattedra di ebraico, che mantenne fino alla destituzione seguita alla pubblicazione della Vita di Gesù. Nel 1878 fu infine eletto membro dell’Académie française, consacrazione del suo prestigio intellettuale.

Questo articolato quadro è ricostruito nella recente opera di Roberto Pertici, Il caso Renan. La prima guerra culturale dell’Italia unita (Il Mulino) che, però, nel riportare l’attenzione sullo specifico episodio editoriale, ne analizza le ripercussioni nel nostro giovane paese dove si stava appunto avviando un intenso dibattito sulla intera questione religiosa. Pertici mette in evidenza soprattutto la netta cesura tra i due fronti. Se, infatti, da un lato il mondo cattolico reagì con una mobilitazione senza precedenti (processioni, raduni, articoli polemici, appelli pubblici di personalità di spicco grazie ai quali si arrivò ad accusare Renan di essere l’Anticristo), dall’altro, un variegato universo laico accolse l’opera come il segnale scatenante per una rivoluzione di portata epocale.

Pertici interpreta questa eccezionale risposta come la prima vera “battaglia culturale” dell’Italia unita, nonché come il primo grande caso editoriale del nascente mercato librario nazionale. A suo dire si trattò di un banco di prova per comprendere le dinamiche attraverso cui andava sviluppandosi il secolarismo in Italia e, parallelamente, quali fossero i processi di adattamento della Chiesa alla società liberale. Di conseguenza, indica il libro di Renan come una sorta di detonatore all’interno di scontri che, al momento, sembravano privi di possibilità di mediazioni o di apparenti ricomposizioni.

Nel corso dei decenni successivi, lo studio dei rapporti tra Stato e Chiesa potrà basarsi su fonti istituzionali, come gli atti parlamentari e la documentazione diplomatica, fino al sigillo del Concordato del 1929. Tuttavia, Vita di Gesù rappresenta l’episodio emblematico in cui la discussione teologica e filologica si intreccia con la nascita del moderno spazio del dibattito pubblico, contribuendo alla secolarizzazione della cultura e dell’opinione pubblica italiana nell’Ottocento, e dando forma a una delle prime grandi fratture culturali della storia contemporanea.

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