“Tutto a posto, signora”. Il mese dei controlli è andato. A questo punto, a tre anni e mezzo dall’intervento, il mio “tagliando” è semestrale, quasi come le tasse, c’è un anticipo in primavera e un saldo in autunno. Infatti affrontare la tranche degli esami mi “costa”  di più ogni volta. Forse perchè allontanarsi dal tumore significa imboccare la via della spensieratezza e non ti sembra possibile, con una diagnosi di cancro, vivere come se niente fosse. E consideri: da qualche parte ci deve essere la fregatura…

 Già. All’inizio il pensiero del mi torna  non esisteva proprio, è dopo, quando prendi le distanze e metti a fuoco, che lo inserisci fra le tue possibilità…

 Per questi motivi, stavolta, ho deciso di fare gli esami del sangue con largo anticipo rispetto all’incontro con l’oncologa. Ero davanti alla scuola delle principesse, pronta a schizzare al centro prelievi quando la mia amica-sorella Sonia, senza sapere alcunché (dei mie dolori dei giorni precedenti-reali-o immaginari-ma-pur-sempre-avvertiti) avvicinandosi col suo fare discreto, mi ha accompagnato  al… centro salassi.

 Ogni volta che rivedo l’ospedale (e dintorni) – periferia distinguibile  per i casermoni ma anche per lo spazio lasciato a campi e alberi – rivivo le emozioni più intense della mia vita. Ci sono entrata con il mio primo pancione una domenica d’autunno, sulle seggioline dell’atrio a vetrate ho sopportato le prime doglie. Ne sono uscita con un fagottino in braccio, le manine microscopiche che già stringevano il mio pollice. Ci sono tornata una gelida sera di due anni dopo – tutt’intorno buio pesto e nebbia – quando è nata la seconda principessina.  E dal tumore in poi, qui sono diventata di casa,  i boccioli e gli odori di questa primavera improvvisa mi riportano ad altre primavere così come le foglie rosse d’autunno e le pozzanghere ad altri autunni…Possibile che un Golgota e un Paradiso convivano insieme nello stesso spicchio di terra?

 Può sembrarvi assurdo ma io mi accorgo delle stagioni più in questa fascia di periferia milanese che in Liguria dove gli alberi sono sempre-verdi e non esplodono mai.  Quando mi capita di passarci per caso, vicino all’ospedale,  per motivi che non siano i controlli e le cure, il cuore mi batte all’impazzata. E so esattamente il perché…

Mi allontano con l’auto e dallo specchietto osservo la curva del pronto soccorso che rimpicciolisce, dimentico di cambiare marcia, rallento, pochi secondi e c’è già chi mi strombazza dietro e mi lancia sguardi di compatimento. Ridacchio, sono FE-LI-CE e ho deciso che andrò a tagliarmi i capelli.

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