Vi riporto per intero un commento di Claudio Rampini, liutaio. Non è la prima volta che ci scrive, le sue riflessioni assomigliano ai suoi violini, toccano tutte le corde…

Cara Gioia,
la seguo sempre con interesse, anche se in questi ultimi tempi mi è
parsa un pò più latitante sulle colonne de Il Giornale online. Ho
letto anch’io dell’effetto “boost” che una certa chemio avrebbe sui
tumori e ciò non mi meraviglia affatto. Il tumore come si sa, è una
malattia ambigua, mentre tu lo chiami “corpo estraneo” oppure
“alieno”, ben si sa che purtroppo questo mostro lo hai prodotto tu. Un
pò come i brutti sogni, solo che i tumori non spariscono all’alba. Un
nostro amico che aveva la mia età (52), se ne è andato qualche mese
fa, il male al pancreas non lo ha perdonato, ha fatto prestissimo, ci
è voluto meno di un anno per porre fine alle sofferenze. Ma ho notato
che la chemio, usata in questo caso con l’intenzione di ridurre la
massa tumorale per poi intervenire chirurgicamente, sembra abbia avuto
il ruolo di accelerare il tumore e di renderlo più aggressivo. Dico
questo perchè le cose sono cominciate a precipitare, guarda caso,
proprio dopo l’ultima chemio. Non sono un medico e fortunatamente
posso ancora pensare quel che voglio, ma per me non è stata una
semplice coincidenza, a prescindere dal fatto che il nostro povero
amico avesse comunque la sorte segnata. D’altra parte la chemio è
considerata un immunosoppressore, quindi se il tumore non ne è
intaccato ne consegue che ne esce sicuramente rinforzato.

Poi c’è stato il caso di R., la nostra amica, anch’essa
cinquantenne, una persona meravigliosa che ha lottato come una
leonessa contro il linfoma, è stata una cosa lunghissima durata circa
venti anni. Nel suo caso invece sembra che le chemio siano servite a
qualcosa, se non altro a contenere gli attacchi ciclici del male.
Negli ultimi tempi, di fronte al peggioramento delle condizioni di
R., ho chiesto ai suoi parenti se avessero mai provato con il MdB,
mi è stato risposto che sono andati da una dottoressa di Roma, ma che
la cura sarebbe costata più di 3000 euro al mese e che loro non
avevano soldi. Eppure quel giorno al funerale di R.c’era una
quantità impressionante di persone, forse con un pò di sforzo da parte
di ognuno si sarebbe potuto pagargliela tutti questa benedetta cura,
tenendo anche presente di un possibile rimborso futuro da parte
dell’assistenza pubblica. Ma capisco bene che in certe condizioni
ognuno compie le scelte che ritiene più opportune, tenendo anche conto
del fatto che il Mdb è ancora così controverso e non garantisce in
modo alcuno il successo terapeutico. Peccato anche per R., solo sei
mesi prima ho mangiato le sue fritture squisitissime, io con un altro
ragazzo che suonava la chitarra cantavamo le vecchie canzoni, dicevamo
scemenze e lei rideva di cuore. Non sembrava nemmeno malata.

Ho un’immagine curiosa nella mente: oggi i motori delle automobili
sono sempre più controllati dall’elettronica. Questo fatto per me che
sono un pò antidiluviano perchè rimasto al tempo dei violini fatti a
mano, mi desta sempre un pò di meraviglia: forze invisibili di cui una
volta si ignorava l’esistenza sono in grado di governare ingranaggi di
acciaio poderosi, massicci e indistruttibili. Una forza invisibile che si scatena al girare di un interruttore, un pò come scriveva Primo Levi quando diceva che si muore per un sì o per un no, quanto ci è voluto per sconfiggere il nazismo, pure esso considerato il male
assoluto? ma il tumore e il dolore infinito delle sofferenze da esso
provocate, a differenza di noi, sembra possedere una sua etica e
sicuramente una sua disperata vitalità.

Io sono per il MdB perchè tra tutte le terapie resta ancora quello che offre un margine concreto
(strano a dirsi!), perchè quelle forze invisibili agiscano per la vita
anzichè per la morte. Quello che mi preoccupa oggi è non solo la
tragicità del nostro destino legato all’inesorabilità di una malattia
crudele, ma l’atteggiamento di noi tutti di fronte al male, come di
fronte a coloro condannati dalla mafia, il malato di tumore sembra
“puzzare di morte” e viene spesso isolato, la malattia non è
socializzata perchè la gente non vuol pensare al male e non vuol fare
proprie le istanze del sofferente. La gente preferisce vivere l’incubo
di ammalarsi, piuttosto che affrontare il male e cercare di porvi
rimedio.
Le dico questo perchè penso che anche lei creda che la soluzione di
una malattia non risieda semplicemente nell’identificazione di una
proteina buona o cattiva in grado di girare l’interruttore giusto a
seconda dei casi o del bisogno.

Il nostro amico P. se ne è andato in meno di un anno e R. ha lottato più di 20 anni, certamente
hanno sofferto di malattie diverse, ma anche il loro modo di
affrontare la malattia era diverso, così pure il loro carattere era
diverso. Oggi ricordo P.con tristezza, la prima ed ultima volta
che l’ho visto nessuno, nemmeno lui, sospettava dell’esistenza della
malattia. Di R., la prima ed ultima volta che l’ho vista e l’ho
fatta ridere, tutti sapevamo cosa covava nel corpo ed il suo sorriso
ce l’ho stampato indelebile nel cuore.

Un caro saluto e non si stanchi mai. Di seguito le mando il brano di
Primo Levi, che di fronte a certe cose acquista grandezza ed
importanza.
Claudio

Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un si o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi

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