Pietro Mennea è morto di un male incurabile. Il capo della polizia, Antonio Manganelli, è morto per un’emorragia cerebrale ma si è detto: “Erano due anni che lottava contro un male incurabile”.

L’ infarto, la polmonite, la meningite, si nominano. Il cancro, no. È tabù.

Perchè mai i giornalisti – che dovrebbero saper usare le parole giuste al posto giusto – non specificano mai se una persona muore di tumore? Perchè omettono un dettaglio così importante? Non penso sia una forma di riguardo. Non è certo una vergogna ammalarsi di cancro. Eppure, se andate a spulciare le cronache, troverete centinaia e centinaia di perifrasi simili, da Giorgio Gaber a Lucio Battisti, da Alberto Sordi a Sandro Ciotti,da Nilde Iotti a Gianni Agnelli, per chi legge o ascolta, sono tutti scomparsi “dopo lunga o fulminea malattia”.

Forse c’è un perchè…

Forse stride un annuncio simile con altri che periodicamente “siamo costretti” a divulgare. E cioè che dal cancro ormai si guarisce al 90%. Perchè giornali e tivù fanno simili annunci periodici? Perchè ci sono le raccolte fondi a favore della ricerca sul cancro (le vendite di azalee, di arance, di cioccolatini e – ne sono certa – quest’anno pure i gratta e vinci in tabaccheria!). Abbiamo già visto gli spot dell’Airc che rivelano solo una realtà infinitesimale ( “oggi sappiamo togliere il nutrimento ai tumori” promettono i ricercatori, ma questo si può fare solo in pochi fortunati casi mentre la stragrande maggioranza dei tumori è bombardata dalle radiazioni o dalla chemio esattamente come si faceva nel 1971 quando il presidente Richard Nixon dichiarò la guerra mondiale al cancro …)

Da mesi cerco di sapere dal ministero della Salute quanto si spende in Italia per i malati di cancro. È arrivata la risposta: “Un dato così non esiste” Come? Non fate il bilancio di fine anno? Replica: “Per i tumori non si possono conoscere i costi. È un campo troppo vasto. Riusciremmo ad averli su una sola malattia. Ma questo è un universo: ci sono le operazioni, i ricoveri, le ricadute, tutte le medicine (le chemio, le radio, gli anticorpi, le terapie che durano lustri), gli ictus che arrivano dopo i tumori…”

Può uno Stato non sapere quanto spende per i suoi malati?

Leggete questo interessante articolo apparso su swissinfo.ch segnalatomi da Marco V.

“Gli analisti dell’istituto IMS Health, nel Connecticut, prevedono che il mercato legato ai farmaci per il cancro crescerà fino a 75 miliardi di dollari (71 miliardi di franchi) nel 2015. Rispetto ai 54 miliardi del 2009, la crescita sarà di quasi il 40 per cento!”

Leggete: in un punto si parla di…farmaci “cannonata” ( ingenui noi a credere che li si è chiamati blockbuster per le loro proprietà…) . “Rispetto al recente passato, l’industria farmaceutica fa più fatica a sviluppare i cosiddetti farmaci ‘blockbuster’, ovvero quei medicinali che generano un fatturato di almeno un miliardo di dollari l’anno. Secondo l’IMS Health, le ragioni sono numerose: scadenza dei brevetti, esigenze maggiori delle autorità di regolazione, riluttanza da parte dei poteri pubblici a pagare farmaci molto costosi…”

Per concludere: i malati di cancro costano un patrimonio e chi paga per loro, lo Stato, non sa calcolare quanto spende… Le persone che si ammalano sono in aumento, pochi guariscono e la stragrande maggioranza di quelli che sono in cura o si riammalano di tumore o si ammalano per gli effetti iatrogeni delle medicine: ictus, tromboflebiti, malattie del sangue, insufficienza cardiache e renali, malattie autoimmuni.

Però ogni farmaco cannonata genera un fatturato da un miliardo di dollari l’anno.

Conviene guarire?

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