Il vaccino antipapilloma diventa low cost
Torniamo a parlare del vaccino anti-papilloma. Quello che viene offerto alle adolescenti occidentali in tre dosi, che ai sistemi sanitari costa un botto (130 dollari a somministrazione negli Usa, 200 euro da noi) , che è spacciato come vaccino anticancro.
In realtà, previene solo due ceppi di virus HvP, mentre sono 15 quelli che provocano il cancro della cervice. E infatti nelle prescrizioni al vaccino si raccomanda di eseguire lo stesso il pap test ( l’esame del collo dell’utero – questo sì indispensabile – che permette di identificare il cancro sul nascere ). Leggete qui.
Se consideriamo che nell’arco di una vita l’80 per cento delle donne e degli uomini contrae un virus Hvp e lo combatte senza accorgersene e che quando l’infezione sta per provocare il cancro un pap test lo rileva subito, non comprendiamo la necessità di vaccinare le adolescenti a tappeto, non comprendiamo perché si debbano terrorizzare le mamme e non comprendiamo il battage pubblicitario attorno alle tre iniezioni. O meglio, lo comprendiamo.
E siccome a pensar male si azzecca sempre, oggi è arrivata la prova. Pur di far fuori le scorte, le aziende produttrici- la Merck e la GlaxoSmithKline – hanno fissato un prezzo low cost per i Paesi Poveri, meno di 5 dollari a dose.
(Piccola parentesi: per noi i Paesi Poveri dovrebbero avere i farmaci gratis, estinto il debito, la possibilità di lavorare in loco senza essere sfruttati, oltre a essere governati da autentiche democrazie e poter viaggiare liberamente per studiare e lavorare).
Riflettiamo sul perché aziende così attente ai quattrini hanno deciso di svendere i loro vaccini.
Quest’inverno, a Milano, c’è stato un calo delle adesioni alla campagna vaccinale. Nella città del nord, le famiglie che hanno aderito sono state il 45%. Tant’è che sono stati coinvolti pure i Rotary: i circoli esclusivi sono stati reclutati per fare da cassa di risonanza. Invano però. Le famiglie milanesi hanno preferito fidarsi dei loro pediatri declinando l’offerta.
La propaganda però è tanto insistente da risultare fastidiosa.
L’anno scorso, mia figlia, prima media, portò a casa il volantino sulla vaccinazione, io lo buttai. Il giorno successivo mi venne riferito che avevo cestinato anche il foglio di presa visione che andava restituito alla scuola. Rimediai scrivendo sul diario di mia figlia che avevo ricevuto l’avviso. Il terzo giorno mia figlia rientrò dicendomi che quel foglio di presa visione doveva assolutamente essere portato a scuola. Il quarto giorno mi presentai alla segreteria dell’istituto e cominciai a capire. Chiamai l’Asl e mi venne detto testualmente dal responsabile della comunicazione vaccinale “che alla Asl vengono dati incentivi in cambio dei risultati”.
Ero cresciuta con l’idea che un vaccino servisse a contenere un’epidemia mortale, non a gonfiare i portafogli.
Poi c’è stato un caso drammatico: una ragazzina sana fino al giorno prima della vaccinazione, si ammala di colpo e finisce sulla sedia a rotella. La riabilitazione neurologica non è ancora finita. Non si è mai conosciuto il nome della malattia che l’ha colpita (continuo periodicamente a chiederlo al ministero).
Dicevamo: i vaccini ora vengono svenduti ai Paesi Poveri (non sarebbe meglio insegnare ai medici in loco come si fa il pap test?) l’accordo fra le case farmaceutiche è stato negoziato dalla “Gavi Alliance”, l’associazione creata con fondi donati dalla Fondazione di Melissa e Bill Gates.
Le vaccinazioni a basso costo debutteranno con progetti pilota in Kenya, Gahan, Laos, Madagascar.