Ricorderete lo scandalo dei due farmaci cloni, Avastin e Lucentis, impiegati per curare la maculopatia, degenerazione della retina che porta alla cecità. Il primo, a buon mercato (14 euro a fiala), il secondo, carissimo (800 euro a fiala).

Ricorderete la truffa: falsi studi per far credere agli anziani che Avastin fosse nocivo, eliminarlo dal mercato e costringere il sistema sanitario a rimborsare il costosissimo Lucentis.

Ricorderete come affiorò il malaffare, i malati si trovarono con un farmaco proibito, di punto in bianco giudicato tossico (eppure veniva usato senza problemi dal 2007) e con un secondo farmaco – caro come oro zecchino – che il sistema sanitario non era in grado di rimborsare a tutti. Nell’attesa di ricevere le fiale, molti anziani e diabetici persero tempo prezioso e, subito dopo, anche la vista (!).

Gli oculisti dimostrarono l’innocuità di Avastin e, dopo due anni, l’Antitrust condannò le due aziende, Roche e Novartis, a pagare una multa di 180milioni di euro. Nel gergo economico le due big pharma avrebbero fatto cartello, ossia, appartenendo allo stesso gruppo, si sarebbero messe d’accordo per spingere il farmaco più costoso.
La multa inflitta dal Garante venne pagata allo Stato mesi fa. Ma nemmeno un euro di risarcimento è andato a chi, per colpa di questa frode, è diventato cieco. Mentre è ancora in corso la richiesta danni avanzata dal ministero, (45 milioni per il 2012, 540 milioni per il 2013 e 615 milioni per il 2014).

Diversi studi indipendenti della Fondazione Cochrane dimostrano l’innocuità di Avastin e Napoleone Ferrara, lo scienziato a cui si deve la scoperta delle due molecole dichiarò pubblicamente “che Avastin e Lucentis sono equivalenti”.

Il Consiglio superiore di sanità si è espresso nell’aprile di un anno fa: le due molecole, Avastin e Lucentis, sono sostanzialmente simili, entrambe sicure e adatte a trattate la maculopatia. Cliccate qui. E Aifa è invitata a consentire “il più presto possibile l’uso di Avastin”. 

 Ma non è andata così. Ce lo spiega Matteo Piovella presidente Soi (Società oftalmologica italiana): “Vi è una clausola che ha ostacolato di fatto l’impiego del farmaco più economico su larga scala. Si stabilisce che il frazionamento di Avastin si debba fare esclusivamente nelle farmacie ospedaliere e i trattamenti solo in ospedale. Significa che su 7mila oculisti italiani solo 100, quelli che lavorano in ospedale (abbiamo calcolato 58 strutture) possono usare Avastin”.

Così il farmaco più costoso è diventato il più usato?
“Esatto. Le iniezioni di Lucentis sono permesse in qualsiasi centro oculistico. Invece di estendere la terapia più economica, la si ostacola. Senza alcun motivo. Siamo unici al mondo a fare questo. In tutti i Paesi le prescrizioni di Avastin e Lucentis sono libere, a discrezione del medico e del denaro pubblico a disposizione. E in tutti i Paesi Avastin è frazionato nei centri oculistici”.

 Ma Lucentis non si deve frazionare?

“Sì. È anch’esso un farmaco che va aspirato e dosato”.

 Ma allora perché l’obbligo del frazionamento in ospedale vale solo per Avastin? 

“È una regola assurda, priva di senso. Si fa credere che questi siano gli unici farmaci a venire dosati…! Non è così: frazionamenti e dosaggi sono pratiche quotidiane, per decine di farmaci, al di fuori degli ospedali. Non è neppure una questione di igiene e sicurezza, visto che già le iniezioni intraoculari vengono fatte obbligatoriamente nelle sale operatorie dei centri oculistici. Le 550 mila operazioni di cataratta annuali richiedono sale operatorie…”

Ci sta dicendo che il Consiglio superiore di sanità (ossia il Ministero!) acconsente che gli interventi di cataratta si facciano nei centri oculistici e impone che Avastin venga frazionato e iniettato soltanto in ospedale? Un controsenso.

“Esatto. Ma c’è ancora un altro limite…”

Quale?

“Non tutti gli ospedali usano Avastin. Vi sono differenze fra una regione e l’altra. In Veneto si usa prevalentemente Avastin, in Lombardia Lucentis. Stiamo raccogliendo i dati: in sostanza, guardando all’intera Penisola, negli ospedali italiani prevale l’uso di Lucentis. Da un lato, è l’effetto di quello che è successo: i pazienti si sono spaventati e preferiscono andare sul sicuro, richiedono espressamente Lucentis. Dall’altro anche gli oculisti spesso ‘non osano’ fare prescrizione off label, perché sanno che non avrebbero alcun sostegno da parte di ministro e Aifa”.

Ma è un timore solo degli oculisti italiani?

“Sì, ed è un timore senza senso. L’indicazione per un farmaco è una convenzione ed è decisa da un’azienda. Se Roche chiedesse per Avastin l’indicazione per le maculopatie non le verrebbe certo negata (intanto chiediamo ai lettori: perché Roche non presenta richiesta?). Ogni medico prescrive in scienza e coscienza anche off label, pensiamo ai pediatri: non esistono farmaci per i bambini. In tutto il mondo il medico che prescrive in scienza e coscienza è incoraggiato e sostenuto.”

Facciamo due conti.

“La maculopatia ha un grande impatto sulla spesa sanitaria. Colpisce una persona su tre dopo i 70 anni. Fino a 5 anni fa non c’era una cura. Per questo la spesa pubblica in oculistica è raddoppiata dal 2010 al 2015. Abbiamo stimato in 120mila i malati e valutato che 65mila di questi non hanno concluso le terapie. Ciascun paziente deve sottoporsi a sette iniezioni intravitreali all’anno, a cadenza regolare. La terapia per la maculopatia costa allo Stato più di un intervento di cataratta per il quale il sistema sanitario rimborsa 800 euro a occhio. Usando Lucentis, che costa 800 euro a fiala, per ciascun paziente si spendono 5.600 euro, con Avastin basterebbero 98 euro a malato”.

Incredibile. È lo stesso gioco delle case farmaceutiche!

“Le aziende hanno ottenuto il loro risultato, dapprima seminando il panico e facendo credere che il farmaco più economico non fosse sicuro. E ora, grazie ai vincoli assurdi imposti dal ministero e accolti da Aifa, sono riusciti a spingere Lucentis. Con la confusione hanno vinto…”.

Intanto dagli ospedali lombardi, quelli che hanno scelto di adottare solo il farmaco caro, arrivano i primi stop alla terapia. Pazienti che fanno la prima iniezione e poi più nulla, “sono sei mesi che non chiamano”, ci dicono dal San Raffaele.

Del resto se il Pil è impantanato, le tasche di Pantalone ormai hanno solo buchi.

Poco importa se i nostri anziani diventeranno ciechi, all’ingordigia dei soliti non c’è limite.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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