Via le protesi, il seno sarà in 3D
Parliamo del seno ricostruito dopo una mastectomia. Parliamo di donne che, dopo il cancro, non riescono ad accettare le protesi al silicone e rimpiangono il loro corpo naturale.
Forse solo Angelina Jolie ama le sue protesi perchè le ha scelte. Agendo d’anticipo è scampata all’inferno che ha trascinato nonna, mamma e zia in un taglia e cuci impietoso.
Per tutte le altre che vorrebbero fare a meno del silicone la soluzione potrebbe chiamarsi stampante in 3D. Quella che già produce parti di naso e orecchie e che presto replicherà cuori, fegati o reni. E, appunto, mammelle. “La tecnologia, detta bioimprinting, è già nota ma, visti i costi considerevoli, la consideriamo appannaggio del futuro prossimo” ci fa immaginare Marcello Bonavita, chirurgo oncologo e responsabile della Ricostruzione mammaria all’ospedale Fatebenefratelli di Milano. Per informazioni cliccate qui.
“Si può stampare la forma della mammella, nel volume e nella larghezza desiderati, grazie allo scaffold, sorta di impalcatura tridimensionale simile alla ghiandola, in idrogel, sostanza biocompatibile e riassorbibile. In questo modo si ottiene la forma. Da un lato c’è la matrice, dall’altro ‘l’inchiostro’, dato dalle cellule staminali della paziente”.
La forma verrà poi riempita dalle cellule staminali?
“Esatto. Le mammelle acquisteranno la morbidezza naturale, prima grazie al gel che man mano verrà riassorbito e, poi, grazie al nuovo tessuto originato dalle cellule staminali che sostituirà lo scaffold. In sostanza, si ricrea una mammella ricca di tessuto fibroadiposo, senza la struttura ghiandolare”.
Dove è possibile creare un seno in 3D e trapiantarlo?
“Al momento è possibile solo sperimentalmente in alcuni centri esteri, dagli Stati Uniti al Giappone, in Italia no”.
Da noi, o protesi o niente?
“Ci sono diverse soluzioni, sempre più personalizzate, ma le protesi sono ancora indispensabili. Talvolta si ricorre alla ‘matrice dermica’ per aumentare lo spessore dei tessuti. Quando il muscolo è sottile, o il seno è piccolo, si inserisce un ‘foglio’ di origine bovina o suina fra il pettorale e lo spazio destinato alla protesi, la matrice verrà poi inglobata dalle cellule della paziente”.
Non c’è il rischio di rigetto?
“Lo stesso che ci può essere con le protesi. Quando subentrano gonfiori o infezioni bisogna rimuovere entrambi, si tratta di episodi non frequenti ma che possono succedere”.
Qual è l’effetto migliore con le soluzioni disponibili oggi?
“L’ottimo non può essere generico, la ricostruzione migliore è quella che risponde alle esigenze di ciascuna, va valutata caso per caso”.
Quali sono i progressi delle cellule staminali nelle ricostruzioni mammarie?
“Svariati. In Giappone il governo non rimborsa le protesi alle donne operate di tumore ma permette loro di ricostruire il seno con i propri tessuti. Da noi, accanto al lipofilling che migliora un seno trattato con radioterapia e dà più naturalezza alla protesi, vi è la ricostruzione con protesi e cellule staminali”.
La differenza fra il lipofilling e il trattamento con cellule staminali?
“Con entrambe le tecniche si parte dai tessuti ricavati dall’adipe delle cosce o dall’addome. Nel primo caso le iniezioni di grasso avvengono contestualmente al prelievo. Nel secondo, il grasso prelevato viene trattato in laboratori Gmp dove le staminali sono selezionate, purificate e concentrate (si possono anche crioconservare per un lungo periodo) e, successivamente, vengono iniettate nel decolletè. Se, in genere, occorrono da 4 a 5 sedute di lipofilling per ottenere un buon risultato estetico perchè molte cellule non attecchiscono, con le staminali le iniezioni si riducono a una o due. Attorno alla protesi si ricrea un nuovo tessuto connettivo, vascolare e adiposo originato dalle proprie cellule”.
Entrambe le tecniche sono rimborsate dal Servizio sanitario nazionale?
“Solo il lipofilling perchè i laboratori che trattano le staminali sono privati e soltanto la preparazione delle cellule costa in media 3mila euro”.
Cosí, a rendere il seno ricostruito senza protesi un traguardo lontano non è la tecnologia – che, al momento, è già al servizio dell’uomo – ma il costo stellare. Non solo: riusciamo a vendere a caro prezzo anche le cellule…