Il titolo di oggi è la sintesi di un dibattito molto sentito tra gli scienziati. Ci si chiede se sia “più conveniente” comunicare con trasparenza i dati delle vaccinazioni (soprattutto quelli che descrivono l’efficacia e gli eventi avversi), andando incontro a un comprensibile calo nelle adesioni, o nascondere la verità per allargare il consenso, a scapito però di un crollo di fiducia nei confronti delle istituzione sanitarie.

Il tema, tuttavia, non è circoscritto alle vaccinazioni ma riguarda l’intero universo sanità. Il malato che percepisce di essere stato ingannato (o per motivi di lucro o perché si rende conto che il medico o l’istituzione gli hanno mentito) non avrà la stessa disposizione d’animo di chi si accorge di un errore sanitario compiuto in “buona fede”. “Si è disposti a perdonare anche la morte di un congiunto quando ci si accorge che nei confronti del proprio caro è stato fatto il possibile – mi rivelò un primario ospedaliero – al contrario, se un familiare percepisce da parte dei medici disinteresse o negligenza non è più disposto nemmeno a firmare per la donazione degli organi”.

È uscito su Pnas  uno studio che analizza le stesse disposizioni verso le vaccinazioni anti Covid.

Cliccate sull’azzurro per leggere l’intero pdf, qui per l’abstract.

Vi anticipo le conclusioni degli autori americani e danesi.

“Sulla base di esperimenti preregistrati condotti su campioni ampi e rappresentativi di americani e danesi (N > 13.000), l’attuale studio contrappone gli effetti di una comunicazione vaga del vaccino con una comunicazione trasparente, che rivela le caratteristiche del vaccino sia positive che negative. Le prove dimostrano che una comunicazione negativa trasparente può effettivamente danneggiare l’accettazione del vaccino qui e ora, ma aumenta la fiducia nelle autorità sanitarie. Inoltre, l’alternativa di una comunicazione vaga e rassicurante non aumenta nemmeno l’accettazione del vaccino e porta, sia a una minore fiducia, che a una maggiore approvazione delle teorie del complotto”.

Leggiamo:

“I professionisti a volte temono che la piena trasparenza possa causare disagio emotivo nei pazienti; gli incentivi alla mancanza di trasparenza durante la pandemia di COVID-19 si riferiscono più alla massiccia pressione di porre fine alla pandemia il più rapidamente possibile e, quindi, agli incentivi a non divulgare informazioni che potrebbero compromettere l’accettazione del vaccino. Questi incentivi possono essere maggiori perché la comunicazione sanitaria durante la pandemia è fortemente influenzata e spesso condotta dai politici. Come evidenziato da una ricca storia di ricerca in scienze politiche, i politici sono motivati ​​da obiettivi miopi e possono dare priorità ai successi a breve termine rispetto alla creazione di fiducia per la prossima crisi sanitaria”.

Leggiamo:

“Nel campo dei vaccini COVID-19, le informazioni negative possono riguardare il fatto che le difficoltà di distribuzione e produzione richiedono l’uso di vaccini con efficacia inferiore e maggiori effetti collaterali rispetto ad altri vaccini; potrebbero emergere notizie sgradite sugli effetti collaterali a lungo termine; la durata dell’immunità dopo la vaccinazione può essere inferiore al previsto; e l’efficacia può diminuire rispetto a varianti nuove ed emergenti. Gli studi suggeriscono che tali informazioni negative (ad esempio, informazioni sulla minore efficacia e sugli effetti collaterali) possono ridurre l’accettazione dei vaccini in generale e dei vaccini COVID-19 in particolare . Questa è stata una vera preoccupazione per le autorità sanitarie sia in Europa che negli Stati Uniti.

Inoltre, diversi Paesi in tutto il mondo, comprese le democrazie occidentali, hanno avviato campagne di vaccinazione senza, o prima, della pubblicazione dei risultati degli studi di fase III” .

L’appello alla trasparenza

Tuttavia gli autori riportano che diverse istituzioni di ricerca invitano alla divulgazione trasparente (l’iniziativa DELVE della Royal Society, un editoriale di Nature per la “trasparenza radicale” e Mahase per la “trasparenza reale”) “anche se la scoperta dei limiti dei vaccini o delle complicazioni può avere un impatto negativo maggiore sul consumo degli stessi” poiché scoprire questi fatti successivamente “avrebbe probabilmente un impatto negativo peggiore”.

È importante sottolineare che questi appelli alla trasparenza risuonano come serie di critiche alla mancanza di trasparenza nelle campagne di immunizzazione precedenti ma su piccola scala”.

Gli autori hanno riscontrato che le comunicazioni vaghe “suscitano sentimenti di incertezza” e che questi “sono terreno fertile per la sfiducia e le convinzioni cospirative”. E poi, ammettono che, “mentre la divulgazione trasparente delle informazioni negative sui vaccini può suscitare un’esitazione vaccinale fondata razionalmente, l’alternativa di una comunicazione vaga può suscitare esitazione fondata su convinzioni cospirative.

Le conclusioni

“Questi risultati – scrivono gli autori – sottolineano che la trasparenza di per sé non può ridurre lo scetticismo immediato sui vaccini, ma la trasparenza è comunque di fondamentale importanza per sostenere la fiducia a lungo termine ed evitare la diffusione di convinzioni cospirative. Inoltre, mentre ci sono chiari costi a breve termine per una comunicazione negativa trasparente, non ci sono benefici dal rassicurare il pubblico sulla sicurezza e l’efficacia del vaccino usando una comunicazione vaga, che porta sia allo scetticismo sul vaccino a breve termine che a una sfiducia, a lungo termine, nei confronti delle autorità. Pertanto, i risultati attuali forniscono un chiaro avvertimento per le autorità sanitarie e i politici contro il soccombere all’uso di una comunicazione vaga per soddisfare gli obiettivi miopi di aumentare l’accettazione del vaccino qui e ora”.

Chi ha orecchi per intendere, intenda (Lc 14,35)

 

 

 

 

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