Il senso dei Nobel sui vaccini
Dopo l’assegnazione del Premio Nobel ai due scienziati che hanno concorso a perfezionale i vaccini a mRNA, Drew Weissman e Katalin Karikó, ecco che sta rimbalzando da un sito all’altro lo studio sulla tecnica a mRNA che Weissman pubblicò su Nature nel 2018. Ben tre anni prima della più estesa campagna di vaccinazione sulla popolazione occidentale.
Il merito di aver rispolverato l’ampio lavoro di Weissman va a Robert Kogon (pseudonimo del giornalista d’inchiesta tedesco di cui abbiamo già parlato).
Si intitola “Una nuova era nella vaccinologia” e lo trovate qui.
Il testo raccoglie svariate ricerche sui prodotti a mRNA, spiega perché la tecnica sia da considerarsi promettente, ad esempio perché “dotata di elevata potenza, di capacità di sviluppo rapido e di un potenziale di produzione a basso costo e somministrazione sicura”.
Scorrendo il lavoro si arriva al capitolo Safety, dedicato alla sicurezza. Che, sì diciamolo ora col senno del poi, avrebbe potuto/dovuto mettere in guardia chi ha steso i consensi informati, oltre a tutte le istituzioni governative che hanno promosso i vaccina day.
Si legge:
“I potenziali problemi di sicurezza che potrebbero essere valutati nei futuri studi preclinici e clinici includono l’infiammazione locale e sistemica, la biodistribuzione e la persistenza dell’immunogeno espresso, la stimolazione di anticorpi autoreattivi e potenziali effetti tossici…”
Quindi:
“Una possibile preoccupazione potrebbe essere che alcuni vaccini a mRNA inducono potenti risposte all’interferone di tipo I, che sono state associate non solo all’infiammazione ma potenzialmente anche all’autoimmunità.
Pertanto, l’identificazione degli individui ad aumentato rischio di reazioni autoimmuni prima della vaccinazione con mRNA può consentire l’adozione di ragionevoli precauzioni”.
Gli autori proseguono citando “studi che han dimostrato che l’RNA extracellulare promuove la coagulazione del sangue e la formazione patologica di trombi” e concludono con l’avvertimento:
“La sicurezza richiederà quindi una valutazione continua poiché diverse modalità e sistemi di somministrazione dell’mRNA vengono utilizzati per la prima volta negli esseri umani e vengono testati in popolazioni di pazienti più ampie”.
Oibò. Era il 2018. Nel 2021 sono stati distribuiti vaccini a tutta la popolazione occidentale e nessuna autorità sanitaria ha messo in guardia su rischi del genere.
Ripetiamo: gli studiosi affermarono che prima di somministrare un prodotto a mRNA andrebbero prese ragionevoli precauzioni sui soggetti ad aumentato rischio di reazioni autoimmuni. E chi sono costoro se non i fragili? I diabetici, i malati di ogni forma di sclerosi, chi soffre di lupus, di morbo di Crohn o di autismo?
Ci chiediamo se sono considerati a rischio di reazioni autoimmuni quanti hanno familiarità con le stesse malattie, dal diabete 1 alle forme di
sclerosi. Ci chiediamo anche come vada considerato il sistema immunitario di una donna in gravidanza. E quello di chi sta facendo terapie oncologiche?
Non solo. Gli autori ponevano già l’accento sull’eventualità “della formazione patologica di trombi”. E cosa hanno detto ai loro pazienti i medici che curano trombosi, malattie emorragiche, cardiopatie? Di stare attenti? O di vaccinarsi senza timori?
Nel 2023 ė arrivato il Nobel ai due scienziati. Va detto, per la cronaca, che la Pfizer è uno dei principali “donatori” del Karolinska Institute, l’istituto che assegna i Nobel.
Chiediamoci:
Qual è il significato di questo premio dato ai due scienziati?
Bravi perché l’attenzione generale un po’ superficiale si concentrerà solo sul finale della storia?
Bravi perché avete sdoganato i farmaci a mRNA?
Bravi perché il premio metterà la parola fine alle polemiche? E quali sono state le polemiche che hanno meritato discussione e attenzione?
Bravi perché ora che avete il Nobel – è il messaggio/augurio sottinteso – non vi verrà più in mente di evidenziare gli eventi avversi?
Di sicuro bravi, bravi due volte, perché voi lo avevate messo per iscritto e noi scemi ci siamo fidati delle parole dei quaquaraquà.