Le mafie temono la scuola più della giustizia
«La mafia teme la scuola più della giustizia, l’istruzione toglie erba sotto i piedi della cultura mafiosa»
Non a caso, per iniziare questo articolo ho scelto una citazione di Antonino Caponnetto. Il magistrato che è stato uno dei personaggi simbolo della lotta contro il crimine organizzato in Italia. Nella sua carriera, a fianco di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Giuseppe Di Lello e Leonardo Guarnotta, consegnò alla giustizia oltre 400 criminali legati a Cosa Nostra.
Così, partendo dall’impegno di un uomo che ha dedicato la vita al sua Paese, voglio rivolgermi al nuovo governo, dal suo premier Mario Draghi ai suoi ministri Luciana Lamorgese e Patrizio Bianchi chiedendo loro di assumere un impegno concreto nella lotta contro la mafia e l’Ndrangheta partendo proprio dai nostri giovani. Ho letto tante dichiarazioni da parte di politici in merito al potere della scuola per “sconfiggere” questa piaga sociale. Parole importanti che a volte, ma ancora troppo raramente, trovano anche un riscontro con la realtà, come nel “Progetto educativo antimafia” istituito ben 15 anni fa dal Centro studi Pio La Torre. Serve però un segnale concreto che venga dall’alto delle istituzioni e dalla politica. Perché non inserire delle lezioni dedicate alla lotta alla mafia nel nel programma scolastico di tutte le scuole italiane?
In questo periodo di incertezza, dove le persone si sentono scoraggiate, le autorità hanno il dovere di mostrarsi forti e lanciare messaggi di speranza. L’infiltrazione mafiosa si avvale della permeabilità, della cedevolezza di una parte della classe dirigente e della diffusione della corruzione, non permettiamogli di sfruttare la pandemia per diffondere il loro messaggio di odio, ma iniziamo a insegnare ai nostri ragazzi quello che viene spesso definito «il sentimento della legalità».
Chi se non la scuola può prendersi questo onere? Come diceva il magistrato e Procuratore antimafia Pier Luigi Vigna: «Nella scuola si verifica il primo momento in cui un giovane può entrare e spesso entra in contatto con ragazzi diversi da lui, diversi per condizione economica, capacità intellettuali, lingua, razza. Inoltre le scuole sono un tessuto di immunizzazione possibile dai pericoli delle devianze e dell’illegalità, quindi è come una rete, che se si ispira a questi principi dà luogo a un sentimento di legalità che funge da vaccino per comportamenti illegali, per i silenzi di fronte alle illegalità. Deve suscitare una capacità di reazione positiva, di denuncia. Perché il silenzio è la prima fase del distacco dalle istituzioni, che poi in certe regioni dà luogo al fenomeno tremendo dell’omertà».
Io sono Andrea Pasini un imprenditore di Trezzano Sul Naviglio un paese nella periferia sud ovest di Milano dove da almeno vent’anni sopratutto l’Ndrangheta ha intaccato il sistema economico e politico portando insicurezza e distruzione. Buccinasco, Cesano Boscone, Rozzano e Trezzano Sul Naviglio sono stati paesi dov’è molte famiglie di Ndrangheta per decenni hanno contaminato il nostro tessuto sociale. La vera battaglia contro questa gente è spiegare ai giovani quanto sia importante scegliere nelle vita di essere uomini e donne liberi, con la schiena dritta, onesti e per bene. E quanto sia importante stare indistintamente dalla parte dello Stato, delle istituzioni e della legge. E di stare tutti i giorni con coraggio al fianco di chi quotidianamente combatte anche a costo della propria vita quello schifo che rappresentano i mafiosi o gli ndranghetisti. Mi auguro che questo nuovo governo, in cui tutta l’Italia ha riposto grandi speranze, decida di prendersi questo impegno concreto per costruire un futuro migliore. Educazione civica è insegnare ai nostri giovani a pensare, insegnare che anche un singolo può fare molto nella lotta al malaffare perché tutti siamo indispensabili. Ce lo hanno insegnato i tanti magistrati e gli appartenenti alle forze dell’ordine come Carabinieri, Poliziotti e Finanzieri che hanno perso la vita nella loro lotta contro la mafia. Non lasciamo che questa importante lezione di vita venga dimenticata. www.IlGiornale.it