La difesa è oggi più che mai strategica per il nostro Paese. E per nostra fortuna il comparto gode di buona salute. È così perché possiamo contare su professionisti capaci e motivati che danno prova ogni giorno del loro impegno e la loro dedizione. Dobbiamo essergli riconoscenti e grati per tutto quello che fanno per noi e il nostro Paese, specialmente se teniamo conto del fatto che svolgono il loro lavoro con pochissime risorse.

Eccoci infatti a fare i conti con i lati negativi, purtroppo sempre presenti. Il comparto Difesa soffre di una cronica scarsità di risorse. Il bilancio totale per il 2020, secondo il rapporto SIPRI, è infatti pari a 28,9 miliardi di dollari, posizionando l’Italia all’undicesimo posto a livello globale. Per riferimento, gli Stati Uniti sono al primo posto con 778 miliardi di dollari, il Regno Unito al quinto con 59,2 miliardi, la Germania al settimo con 52,8 miliardi e la Francia all’ottavo con una spese leggermente inferiore pari a 52,7 miliardi.

La legge 244 del 2012 ha inciso in maniera significati sull’organizzazione e sul funzionamento delle Forze Armate, con l’obiettivo di realizzare uno strumento militare di dimensioni più contenute e più efficiente nell’operatività. Nella realtà però, questo provvedimento ha solo portato a tagli nelle dotazioni organiche del personale militare e civile della Difesa, riducendo i numeri dell’arruolamento e producendo di conseguenza un invecchiamento dell’età media dei militari che, ad un certo punto, rischia di non essere più compatibile con le esigenze operative dello strumento militare.

Bisogna iniziare seriamente a pesare e credere che il comparto della Difesa non debba più essere visto come un mero costo da tagliare ma che invece rappresenti una grande opportunità strategica per il Paese. Tutti gli altri i paesi si stanno infatti muovendo in modo da aumentare gli investimenti dedicati al comparto difesa. Il motivo è semplice: investire nella difesa significa investire soprattutto in tecnologia avanzata, e quindi in ricerca scientifica ed innovazione tecnologica. È miope da parte della nostra classe politica – e in questo caso il colore politico non c’entra nulla – ignorare un settore così importante per il nostro Paese, non solo a livello nazionale ma globale.

È importante sottolineare come le industrie del settore della Difesa sviluppano la maggior parte delle tecnologie che poi sono adottate su più larga scala dall’industria civile, con ricadute enormi per l’economia e per il lavoro. Tante invenzioni che hanno cambiato radicalmente il nostro modo di vivere sono nate in questo settore. Dal sistema dei trasporti, alle comunicazioni. Il Radar, il Sonar, il computer e la rete internet sono tutte invenzioni sviluppate per scopi militari, che sono state poi applicate nel settore civile.

Come sarebbe la nostra vita senza internet? La sua origine risale agli anni Sessanta quando gli Stati Uniti misero a punto durante la guerra fredda un nuovo sistema di difesa e controspionaggio. Abbiamo dovuto aspettare fino al 1991 perché la rete di computer venisse sviluppata a livello commerciale su scala globale, ma da quel momento la nostra vita è cambiata e dobbiamo ringraziare la difesa degli Usa se oggi abbiamo uno smartphone in tasca. Senza una politica pubblica di finanziamento dell’industria della Difesa gli Stati Uniti non godrebbero oggi dei benefici economici che sono derivati dall’applicazione civile di quelle invenzioni.

Parliamo di un altro comparto, legato alla difesa ma altrettanto importante per il futuro del nostro paese: l’aerospazio. In italia, questo asset strategico vale quasi l’1% del Pil e al suo interno operano 45.000 lavoratori diretti, che diventano 160.000 con l’indotto. Un’industria tutta italiana, a partire da Leonardo – una tra le prime aziende mondiali che operano nei settore di aerospazio, difesa e sicurezza – che fattura 13 miliardi di euro all’anno su mercato internazionale. Ma c’è anche Avio Aero, azienda del gruppo GE Aviation, specializzata in tecnologie specifiche per la produzione di turbine, combustori e sistemi propulsivi, grazie a collaborazioni con università e centri di ricerca, offre soluzioni innovative per ridurre il consumo di carburante e le emissioni di CO2 in ambito aeronautico. Con tutte le discussioni in merito al Pnrr e alla sostenibilità è facile capire perché investire su queste realtà sia fondamentale per il futuro economico del nostro Paese. È un circolo virtuoso per la nostra economia, che ha ricadute molto superiori ai soldi che vengono investiti.

La politica italiana, invece di continuare a scontrarsi su temi inutili per il Paese che non hanno il minimo beneficio sulla vita reale delle persone, che non creano posti di lavoro e ricchezza per il Paese, dovrebbe invece iniziare a pensare in grande nell’ottica di essere sempre più protagonisti sia nel progetto della Difesa dell’Italia che nella Difesa Europea. La collocazione italiana a livello atlantico ed europeo, anche nel campo della sicurezza e della Difesa, rimane una prospettiva strategica sul piano politico, geopolitico e anche industriale. In questo momento siamo ad un passaggio cruciale per il futuro, nel quale si deciderà quale sarà nei prossimi anni il ruolo del nostro Paese a livello europeo e mondiale. Non mi riferisco solamente agli aspetti economici e industriali, ma soprattutto a quelli geopolitici.

Bisogna aggiornare i Piani di settore e renderli coerenti con gli indirizzi strategici UE. Bisogna coinvolgere professionisti da settori diversi per partecipare con successo ai progetti internazionali finanziati dal Fondo Europeo per la Difesa. Bisogna inoltre finanziare il Fondo Nazionale Innovazione e le leggi speciali di settore, che non sono rifinanziate da anni, per mettere a disposizione delle piccole e medie imprese italiane della filiera della Difesa gli strumenti per ampliare le loro capacità e le loro dimensioni, affrontare i processi di ricerca e sviluppo, diversificazione produttiva, di fusione ed acquisizioni, di rifinanziamento e ristrutturazione del loro bilancio.

L’Italia è sempre stato uno dei paesi più impegnati nelle missioni internazionali con diversi contingenti presenti e attivi in molti Paesi nel mondo. Abbiamo contingenti molti rilevanti in alcuni teatri strategici per la sicurezza e la stabilità internazionale o di alcune regioni. Ricordiamo le nostre missioni in Iraq, Afghanistan, Libano, o Kosovo. Inoltre partecipiamo attivamente ad altre operazioni in ambito NATO, per la sicurezza dell’Alleanza, come in Islanda o nei Paesi baltici; siamo presenti in Sahel o per esempio nelle attività anti-pirateria nell’Oceano Indiano e nel Golfo di Guinea, poi ci sono le operazioni navali nel Mediterraneo.

Le nostre Forze armate svolgono un ruolo fondamentale, spesso con incarichi di comando, in molte operazioni internazionali, e va detto che lo fanno con ottimi risultati e dimostrando competenza e capacità che ci vengono riconosciute dagli alleati. Essere presenti in questi contesti è importante per tutto il Paese. Oggi però ci troviamo a fare i conti con vecchi e nuovi protagonisti, dalla Russia, alla Turchia, alla Cina, che hanno adottato una postura più assertiva o che stanno cercando di ritagliarsi un loro spazio. Se vogliamo tutelare il nostro interesse nazionale dobbiamo esserci, prima di tutto.

Non ci devono essere divisioni politiche su questo tema anzi maggioranza e opposizione attuali e future dovrebbero lavorare sinergicamente su questo grande tema, nell’interesse del Paese. In tema di sicurezza abbiamo già visto la collaborazione delle diverse forze politiche per un bene comune. Sto parlando dell’operazione “strade sicure”, che utilizza personale delle Forze Armate nel contrasto della criminalità interna, fu avviata nel 2008 come sostegno alla sicurezza pubblica in condizioni di emergenza. Doveva essere un impiego provvisorio e straordinario, ma poi la missione è stata prorogata di anno in anno, da tutti i Governi. Sottolineo che nell’emergenza da Covid 19 l’operazione strade sicure è stata potenziata e sono stati impegnati molti militari.

Va detto che durante tutta l’emergenza Covid, la Difesa ha risposto con un grande sforzo a molte situazioni critiche, mettendo a disposizione competenze, mezzi, personale. Si pensi ai voli in biocontenimento o all’allestimento degli ospedali da campo. Un lavoro eccezionale. Credo anche, però, che superata la fase emergenziale, che mi auguro possa finire quanto prima, si debba ragionare con un po’ di respiro, e guardare ai problemi in prospettiva. Io sono Andrea Pasini un giovane imprenditore di Trezzano Sul Naviglio e credo si possa più vivere sempre in emergenza, bisogna prendere le misure ai problemi in anticipo, per organizzarsi e programmare le soluzioni con un orizzonte più ampio. Ecco, la politica di oggi a mio avviso è troppo schiacciata sul presente e proprio per questo ha più che mai bisogno di pensieri e progetti più a lungo termine. www.ILGiornale.it

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