Noi occidentali ci sentiamo erbivori, ruminanti, amanti della pace, ma deleghiamo a eserciti molto carnivori il compito di difendere i nostri interessi. Allo stesso modo, non abbiamo mai smesso di vendere armi micidiali a cani e porci.

La retorica dell’esistenza erbivora ci è sfuggita di mano, e abbiamo perso il rispetto del resto dell’umanità che ci considera insopportabili ipocriti. Qualche tempo fa Gideon Rachman, editorialista del Financial Times, ha scritto un articolo interessante su questo tema: le democrazie sono ipocrite, ma i regimi sono fabbriche di bugie. “Il caratteristico vizio occidentale è proclamare un ideale o una politica, per poi applicarla in modo incoerente”. Ma tutto sommato, l’ipocrisia funziona meglio della bugia, concludeva il giornalista, perché “in un impero ipocrita il dibattito aperto e la critica è ancora possibile”.

E’ vero che funziona meglio. Ma come categoria morale, l’ipocrita è migliore del bugiardo? Quest’ultimo deve sostenere la sua bugia, altrimenti soccombe. L’ipocrita, invece, non si sente responsabile di nulla, perché a seconda della necessità si comporta senza arrossire da soldato con i poeti, e da poeta quando è con i soldati. L’ipocrita predica bene e razzola male: crede in Gesù Cristo, ma è anche attaccatissimo ai trenta denari. Visto da questa prospettiva, il bugiardo un codice d’onore ce l’ha. L’ipocrita, no. E’ per questo motivo che stiamo sulle scatole al resto del mondo? Temo di si.

Forse dovremmo cercare di ridurre il divario tra la realtà e la nostra proiezione mentale della stessa. Per diventare meno ipocriti dobbiamo tornare a raccontare le verità più crude, iniziando dalle fiabe. Riesumiamo Pollicino e Pelle d’Asino, e ripartiamo dal mondo com’è, non da come vogliamo che sia. Sui nostri giornali mostriamo le diverse tonalità del sangue fresco e rappreso, e togliamo la ridicola nebbia pixelata dalle immagini dei morti ammazzati.

Se smettessimo di edulcorare la realtà, in un colpo solo azzereremmo tutti gli eccessi retorici della nostra epoca. Così come l’artista scarso non è consapevole dei macroscopici difetti della sua opera immonda, e diventa un implacabile correttore delle imperfezioni microscopiche, allo stesso modo gli integralisti del politicamente corretto credono di vivere in una società erbivora e pura, e cesellano con lo scalpellino una perfezione morale lontanissima nei fatti.

Il mio pensiero di oggi si applica indirettamente anche al conflitto in Medio Oriente.

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