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Il summit della NATO di questo mercoledì e questo giovedì a Bruxelles e il successivo incontro tra il presidente statunitense Donald Trump e quello russo Vladimir Putin di lunedì prossimo a Helsinki, il giorno successivo alla chiusura del campionato del mondo di calcio in Russia, potrebbero avere conseguenze forti sugli equilibri internazionali. Viste le recenti dichiarazioni di Trump sull’alleanza atlantica (e sulla necessità, per mantenerla, che i Paesi europei, Germania in primis, rispettino la quota di spesa loro imposta) ci sono forti preoccupazioni che l’inquilino della Casa Bianca possa indebolirne ulteriormente il fronte, agendo unilateralmente nei rapporti con il Cremlino.

Cremlino che la NATO continua a considerare come la principale minaccia. Non è un caso che la cancelliera tedesca Angela Merkel abbia sottolineato come la necessità prioritaria per l’alleanza resti quella di garantire la sicurezza sul versante orientale dell’Europa. Va inoltre notato che l’Unione Europea ha recentemente rinnovato per altri sei mesi le sanzioni economiche nei confronti della Federazione Russa per la crisi ucraina. Dichiarazioni e azioni, dunque, che contrastano con la politica tedesca ed europea di riavvicinamento a Mosca sancita con il progetto per il gasdotto North Stream 2 e con le recenti visite della stessa Merkel e del presidente francese Macron a Putin. Oltre a questa schizofrenia di intenti, l’Europa arriva all’appuntamento del summit dopo le pesantissime liti interne in merito alla gestione dei migranti e dopo gli scontri con gli Stati Uniti per i dazi imposti dallo stesso Trump, all’origine del fallimento del recente meeting del G7 in Canada.

L’UE SOFFOCATA DALL’ ESTABLISHMENT

Sono questi tutti elementi, in primis l’incoerenza nei rapporti con Mosca, che dimostrano l’incapacità dell’attuale leadership europea di discostarsi o agire in piena e completa autonomia rispetto all’agenda di quelle elites globaliste che oggi premono per la tutela a ogni costo del sistema di apparati sovranazionali che, dal 1989 in poi, ha garantito l’avanzata dell’impero senza confini della globalizzazione a guida anglosassone. Impero di cui la NATO rappresenta il volto militare, e l’UE, come ormai certificato da 18 anni a questa parte grazie a documenti declassificati della CIA degli anni ’50, l’avamposto europeo fin dalle origini.

Dopo il crollo del comunismo lo scopo di questo sistema, come spiegato magistralmente dallo studioso canadese Mahdi Darius Nazemroaya nel suo saggio “La globalizzazione della NATO“, è stato ed è unicamente quello di integrare progressivamente l’ex blocco sovietico nel meccanismo globalista e mondialista. Ma il progetto del mercato globale a guida unipolare anglosassone si è dovuto scontrare, in anni recenti, con la resurrezione della potenza russa, con il miracolo economico cinese e, infine, con la Brexit e l’elezione di Donald Trump. Eventi che hanno sancito la sconfitta dell’utopia della “fine della storia”.

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I RAPPORTI COMPLESSI TRA TRUMP E L’ELITE, L’INCONTRO CON PUTIN

La vicenda del magnate americano ha rappresentato una cesura tra la Casa Bianca e l’impero della corporatocrazia globalista, che, pur avendo salde radici nella finanza anglosassone è, come illustrato da Michael Hardt e Toni Negri nell’ormai celebre saggio intitolato, appunto, “Impero“, per definizione apolide. Questo spiega la divergenza, pur se parziale, di visione economica e strategica, tra il presidente repubblicano, il quale si trova a dover rispondere alle promesse fatte a un elettorato costituito dalle classi medie e operaie impoverite dalla globalizzazione, quelle che chiedono l’isolazionismo e la tutela dell’economia reale, e gran parte del vecchio establishment angloamericano.

È a fronte di questa situazione complessiva che Trump potrebbe provare a superare la Germania e Bruxelles nel ristabilire rapporti con il Cremlino. C’è chi ha parlato della possibilità che il presidente statunitense possa tentare di coinvolgere Putin in un direttorio tra le due potenze nucleari per la gestione delle crisi. Difficile in realtà prevedere cosa possa accadere perché, nonostante l’ovvia diffidenza di Putin verso la leadership globalista europea, gli interessi strategici di Mosca e Washington sono opposti in quasi tutti gli scenari. Dalla Siria, all’Iran fino ai rapporti con la Cina, in aperta guerra commerciale con gli Stati Uniti e partner della Federazione Russa nel progetto di progressiva de-dollarizzazione del mondo in ottica multipolare, scenario per cui il salvataggio dell’Euro è fondamentale.

POPULISTI E PRO GLOBAL: LA STRANA CONVERGENZA CONTRO L’EUROPA E L’EURASIA

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E proprio Pechino rappresenta la principale preoccupazione di Trump. Se il presidente statunitense vuole perseguire gli interessi strategici americani in modo pragmatico, senza curarsi del salvataggio dei feticci della globalizzazione, è chiaro comunque come il principale obiettivo sia l’evitare il saldamento tra l’Europa unita (e in particolare la Germania) e l’Eurasia a guida economica cinese (e militare russa), che con la SCO (Shanghai Cooperation Organization) e il gigantesco progetto della Belt and Road Initiative (Nuova Via della Seta) punta ormai con decisione al superamento della supremazia unipolare americana. E, mentre Pechino cerca di sfruttare le tensioni tra Europa e Stati Uniti a suo favore, offrendosi come alleato di Bruxelles per contrastare la politica dei dazi di Trump, questi, indebolendo il fronte comune europeo e corteggiando Putin, prova a disinnescare questo saldamento di interessi sul nascere.

A portare avanti il gioco di Washington in Europa ci sono i Paesi nazionalisti del blocco di Visegrad e, da adesso, anche l’Italia del Governo Conte. E questo spiega forse le recenti dichiarazioni a supporto dei partiti populisti europei di membri dello staff di Trump e l’assenza dell’Italia dalla firma, lo scorso 25 giugno in Lussemburgo, della lettera d’intenti per una forza militare europea di intervento rapido, promossa dalla Francia e dalla Germania. Per contro, sul versante opposto, quello dei globalisti, a spingere in funzione contraria soprattutto a una convergenza tra Europa e Russia è il Governo britannico di Theresa May, casualmente al centro delle cronache in questi giorni per i contrasti con Mosca sulla strana vicenda Novichok, che sta cercando di arginare le conseguenze della Brexit.

Paradossalmente dunque, in un momento e in una finestra storica in cui l’Europa potrebbe finalmente aspirare a una maggiore autonomia dall’anglosfera e puntare a una maggiore interazione con l’Eurasia sino-russa, c’è il rischio che sia l’establishment globalista sia i sovranisti europei sotto l’ombrello di Trump, con le loro spinte disgreganti, concorrano a congiurare, da versanti opposti, contro questa prospettiva. Che, invece, solo un’Europa forte potrebbe garantire.

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