Almirante è molto di più di una strada

 

Triste la parodia del Comune di Roma su via Almirante. Patetica la figura di Raggi Virginia, nostalgica degli anni dell’odio. Insopportabile la coltre di bugie (per il Corriere di oggi, pag. 10, Almirante fu un “generale repubblichino”…) e vecchie menzogne.

Per fortuna in questi giorni è uscito “Romualdi e Almirante Destre parallele” (Ferge, pag. 174, 13 euro). È un libro importante  per capire cosa fu veramente il defunto Movimento Sociale Italiano. Un piccolo, caotico, litigiossimo universo politico e un “mondo umano” di rara intensità. Al tempo stesso un’occasione di riflessione. Sul passato e sul presente. Per più motivi.

Gli autori Gennaro Malgieri e Federico Gennaccari hanno avuto il coraggio intellettuale  di ricordare, nel trentennale della loro morte (il tempo passa…), due protagonisti della (grande) politica italiana: Giorgio Almirante e Pino Romualdi. Senza retorica, con raziocinio e mal celato affetto ( a proposito, splendide le righe in Malgieri ricorda Romualdi direttore al Secolo…)

Nel loro lavoro Gennaro e Federico hanno evitato (e gliene siamo grati) le celebrazioni di rito, le banalità, i turibuli, gli incensi e i plausi fuori tempo per invece indagare, con scrittura lieve ma sicura, le personalità complesse e difficili di uomini difficili e complessi. Personaggi aperti al nuovo modernità ma intrisi di quel sentimento antico che Ivan Morris definì “nobiltà della sconfitta”. Non a caso, gli autori hanno riportato in apertura la foto dell’omaggio in Giappone di Almirante e Romualdi alla tomba di Yukio Mishima.

Andiamo avanti. I più giovani e i meno avvertiti rimarranno sicuramente sorpresi nel scoprire il vero Pino Romualdi, la sua storia travagliata e il suo fondamentale ruolo nella costruzione, nell’immediato dopoguerra, del partito degli “esuli in Patria”. Ma non solo. Romualdi, vice di Pavolini ed unico esponente sopravvissuto del gruppo dirigente della RSI, comprese da subito la necessità di superare il fascismo e i riti necrofili del neofascismo, immaginando dalle pagine de “L’Italiano” (una delle riviste centrali del pensiero destrista) un percorso nuovo per i vinti del 1945.  Non a caso attorno a lui si unirono tra i 50 e i 60 le migliori intelligenze della destra italiana: Petronio, Staiti, Mantica, Lo Porto, Tricoli etc…  E poi la morte del figlio Adriano, il fratello maggiore della generazione post-bellica missina.

Altro è il discorso su Giorgio Almirante. Gli autori riconoscono allo storico segretario del MSI lungimiranza e capacità politica. La magia oratoria, la conoscenza dei riti e dei trabocchetti parlamentari, l’abilità tattica sono indiscusse e indiscutibili. Almirante  ebbe la forza di trasformare il “movimento senza importanza” del 1948 in una componente (mal digerita ma irreprimibile) della vita politica italiana. E ancora, fu lui a disegnare in tempi lontani i contorni della “nuova Repubblica”, la grande, radicale riforma istituzionale che ancor’oggi necessita all’Italia. Un’intuizione raccolta da Bettino Craxi, il primo premier nella storia del dopoguerra che ruppe l’isolamento del MSI ricevendo a palazzo Chigi i vertici missini. Un’apertura nel segno del “socialismo tricolore” che tanto appassionò Giano Accame ma che Almirante snobbò. È un punto su cui gli autori, purtroppo, sorvolano ma che andrebbe approfondito.

Resta il fatto che Almirante, uomo pragmatico, mai comprese la necessità di una strategia sul lungo periodo, sui tempi lunghi. Per lui, a differenza di Romualdi, l’investimento sulla cultura (e sui giovani) rimase sempre cosa estranea, non pagante. L’importante era, d’elezione in elezione, salvare e preservare il partito. La sua unità. Ad ogni costo e ad ogni prezzo. Balzellando dal nostalgismo all’entrismo, dal culto mussoliniano al conservatorismo. Alla fine è arrivato Fini e il seguito è noto. Una sconfitta senza nobiltà.

 

 

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