Dopo Cipro tocca all’Italia. Ma Bersani non lo sa!
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In questi giorni Borse e mercati si stanno ponendo due semplici domande: dopo Cipro chi sarà il prossimo Paese di Eurolandia a saltare in aria? Il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem vaneggiava sostenendo che «la soluzione cipriota è un modello per Eurolandia»? Cioè dobbiamo aspettarci in caso di necessità di una mano dall’Europa che qualcuno venga a toglierci i soldi dal conto in banca?
Prima di proseguire l’analisi ci rifacciamo ai commenti di due esperti.
Secondo Luciano Jannelli, capo economista di Mig Bank (istituto svizzero specializzato nel trading di valuta) «la credibilità di Cipro se ne è andata per sempre, il suo governo è stato forzato a imporre un congelamento dei capitali in stile Argentina». Impedire i prelievi dai conti è una misura di emergenza per evitare la fuga dei depositi, ma non funzionerà a lungo determinando il collasso dell’economia cipriota. «Cipro – aggiunge Jannelli – andrà incontro ad un impressionante credit-crunch proprio a causa del ridimensionamento del proprio sistema bancario (pari a sette volte il Pil del Paese) oltre che ad una riduzione del Pil dell’ordine del 30% (come in Grecia) e poiché la mancanza di crescita si ripercuoterà inevitabilmente sulle entrate fiscali, prepariamoci ad essere testimoni di ulteriori rinegoziazioni del debito in occasione del rilascio delle diverse tranche di aiuti». Insomma, gli svizzeri di Mig Bank hanno le idee chiarissime: perché investire in un «fetecchione» come Eurolandia dove non solo le prospettive di crescita non esistono, ma sono pure pronti a metterci le mani sul conto corrente se qualcosa va storto?
Jannelli tuttavia sostiene che «i rimedi che ha a disposizione l’Europa sono un alleggerimento delle misure di austerity intraprese sotto il Fiscal Compact e l’accelerazione della formazione di un’unione bancaria vera e propria con regole condivise». Ovviamente con le elezioni politiche tedesche a settembre è improbabile che Angela Merkel voglia giocarsi il cancellierato facendo l’europeista, quando l’opinione pubblica pensa che la Grecia avrebbe dovuto fallire miseramente. È chiaro che in un simile contesto se qualcuno volesse togliere i soldi dal conto per portarli da qualche altra parte, prima di correre il rischio di un eventuale prelievo del 30% in salsa cipriota, non gli si potrebbe dare del pazzo (attenzione, ricordatevi che sopra i 10.000 euro i trasferimenti di valuta vanno segnalati all’Agenzia delle Dogane!!!).
Ma Wall & Street credono nell’Italia. Tuttavia non possono ignorare che gli esperti di JW Partners sostengono che Cipro non sarà un unicum nei salvataggi bancari. E anche Morgan Stanley non ha mancato di sottolineare che «ora c’è un precedente». Perciò vale tutto. Che, tradotto in soldoni, significa «non azzardatevi a comprare asset di Eurolandia (salvo i super sicuri Bund)!».
Se gli esperti sono in grado di rispondere alla seconda delle due domande che ci eravamo posti all’inizio, alla prima ha risposto il quotidiano tedesco Die Welt. Siamo proprio noi italiani i prossimi della lista: senza governo, con l’economia bloccata, le imprese che chiudono e le banche che non sanno più come coprire i crediti in sofferenza. E se la ricetta-Cipro venisse applicata all’Italia, sarebbe un dramma perché i risparmi quando non vanno sul mattone, spesso sono sul conto.
Mentre Roma rischia di essere espugnata, Pier Luigi Bersani (Gargamella per i grillini) continua il defatigante giro di consultazioni da premier incaricato (magari ascolterà anche Capitan Findus, Babbo Natale e Homer Simpson). L’Italia ha un maledetto bisogno di un governo (o di una sua parvenza) per non porgere il fianco ai «nemici» finanziari. Non è un caso che persino il capogruppo alla Camera del Pdl, Renato Brunetta, che sul nostro quotidiano ha criticato l’austerity merkelian-montiana e la raffazzonata soluzione cipriota, ieri mattina abbia dichiarato che se c’è un accordo «va bene un governo temporaneo guidato da Bersani, ma anche un premierato di Mario Monti andrebbe assolutamente bene». La situazione è grave, Moody’s è in agguato per un altro taglio del rating italiano. O un premier mette l’Europa spalle al muro dinanzi alle sue responsabilità (in primo luogo di vigilanza bancaria perché Cipro era diventato un enorme salvadanaio senza controlli) o si rischia grosso. Gargamella è seduto su una bomba che lui stesso può innescare, traccheggiando in infinite consultazioni. Ma non se ne è ancora reso conto, così come probabilmente ignora di aver perso le elezioni, alla stregua di tutte le altre forze politiche.
Wall & Street