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E se ben ti ricordi e vedi lume,
vedrai te somigliante a quella inferma
che non può trovar posa in su le piume
ma con dar volta suo dolore scherma

(Dante Alighieri)

 

PROLOGO

Un paio di settimane fa UniCredit ha presentato il nuovo modello di filiale del futuro. Il progetto-pilota sarà sperimentato in Bulgaria, a Sofia, dove è stata ristrutturata un’agenzia secondo i canoni del banking di ultima generazione. Ma perché scegliere un Paese così lontano? Semplice, perché la controllata bulgara di Unicredit, Bulbank, è un fiore all’occhiello del bouquet di Piazza Cordusio.

È prassi, in questo tipo di occasioni, organizzare conferenze di presentazione dell’attività della banca sul territorio. UniCredit ha fatto di più, ha invitato alcuni imprenditori italiani che operano in Bulgaria e che, insieme al management dell’istituto, hanno spiegato perché a Sofia le cose funzionano, mentre nel nostro Paese è tutto bloccato.

Prima di conoscerli occorre fornire un breve quadro sul Paese balcanico. La Bulgaria è un Paese dell’Unione Europea e quindi presenta meno problemi per chi delocalizza. Non c’è recessione: nel 2012 la crescita è stata dell’1,7% e il rapporto debito-Pil è inferiore al 18%. Il costo del lavoro tra i più bassi d’Europa e la tassazione è al 10% (in Italia le imprese pagano oltre il 60%).  La moneta locale, il lev, è storicamente legata al marco e quindi all’euro nei confronti del quale il cambio è pressoché fisso a 1,9.

 

[photopress:Luigi_Salvadori.jpg,thumb,alignleft] LUIGI SALVADORI
Presidente e AD di Salvadori Spa
Presidente di Confindustria Balcani

 

 

«La nostra azienda azienda produce garze sterili dal 1907. Nel 1994 da Scandicci ci siamo trasferiti in Bulgaria sia a causa della concorrenza cinese sia a causa di Tangentopoli che aveva bloccato tutto il settore della sanità italiana, così abbiamo scelto di portare una parte della produzione in Bulgaria. All’inizio c’erano 25 dipendenti, oggi siamo 45 e il nostro mercato va oltre l’Italia dove continuiamo ad operare. A Firenze è rimasto il cervello operativo, tutta la produzione è qui. In Italia non saremmo sopravvissuti: la pubblica amministrazione, cioè la sanità in primo luogo, non paga i debiti, mentre a esigere le tasse sono puntualissimi, anzi le vogliono in anticipo. Nessuno presta ascolto alle nostre istanze e così restiamo soli. Senza contare che non si prende nessuna decisione favorevole alle nostre attività: basterebbe detassare gli utili che si reinvestono nell’azienda per far ripartire un po’ la macchina».

 

[photopress:GHIA.JPG,thumb,alignleft]PIETRO LUIGI GHIA
Presidente Safil
Presidente Confindustria Bulgaria

 

 

«Se da Biella non si fosse trasferito in Bulgaria, oggi il gruppo Safil (che produce tessuti, ndr) non esisterebbe più. Alla fine degli anni ’90 abbiamo preso questa decisione perché non reggevamo la concorrenza europea che si era trasferita ad Est. Oggi impieghiamo oltre 600 persone in Bulgaria e fatturiamo circa 100 milioni. Abbiamo acquistato , grazie al rilancio dell’impresa, una tintoria in Piemonte per colorare i filati e ora vendiamo in tutta Europa. In fondo, come Confindustria Bulgaria rappresentiamo il 5% del pil di questo paese».

 

[photopress:Bonato.jpg,thumb,alignleft] MASSIMO BONATO
AD Black Sea Technology Company

 

 

«Il gruppo Amga di Udine in 10 anni ha investito circa 35 milioni di euro nella distribuzione del gas nel Nord Est e nel Nord Ovest della Bulgaria. Abbiamo 45 chilometri di rete gas. In Bulgaria il riscaldamento delle abitazioni funziona con la corrente elettrica perché il costo è molto basso ma in futuro crescerà, il nostro obiettivo è portare il gas nelle case».

 

 

[photopress:Mastropasqua.JPG,thumb,alignleft]MICHELE MASTROPASQUA
Presidente Balkanfruit

 

 

«Ho scoperto la Bulgaria per caso seguendo un camion di angurie dalla Grecia verso l’Italia. E così ho deciso di impiantarvi la coltivazione di ciliegie destinate all’industria (sotto spirito, per dolci, per confetture). Fu un bell’investimento anche se conveniente in quanto all’epoca un ettaro costava 500.000 lire, mentre oggi ci vogliono dai 3.000 ai 5.000 euro a seconda del tipo di terreno. Perché sono venuto qui? Perché un camion carico di ciliegie dalla Puglia a Verona (se le vendo alla Paluani) mi costa 1.500 euro e da Sofia a Verona il prezzo è uguale. I0 vendo le ciliegie a 1,5 euro al chilogrammo. In Bulgaria la produzione costa 50 centesimi al chilo. In Italia, se tutto va bene, 90 centesimi. È chiaro che così non si guadagna perché in agricoltura si devono saldare subito sia i lavoratori che i fornitori, per questo è importante avere al fianco una banca paziente. In Italia se c’è il minimo sospetto che qualcosa non funziona, arrivano 18 ispettori e ti fanno il verbale. E lasciamo perdere le tasse che ci uccidono, ma io ho la pelle dura, in Puglia hanno cercato di spararmi due volte. In Bulgaria, invece, posso realizzare un utile anche se il fisco italiano mi perseguita anche qui perché si presume che se un imprenditore delocalizza lo stia facendo per evadere e non per sviluppare o salvare la sua azienda».

 

[photopress:Andrea_CAsini.jpg,thumb,alignleft]ANDREA CASINI
Direttore Generale UniCredit Bulbank

 

 

«Bulbank è la prima banca del paese con ricavi nel 2012 di 248 milioni e un utile pari a 110 milioni, in linea con il 2011. Il cost/income è al 39,8% , il Roe è al 10,3% e il Core Equity Tier 1 al 17% nonostante la banca centrale bulgara abbia imposto accantonamenti più severi. Il gruppo conta su 3.810 dipendenti, 219 filiali e 1,3 milioni clienti di cui 600 italiani. Il nostro successo deriva non solo dal minore costo del lavoro, ma anche dalla rapidità dei nostri processi decisionali: conosciamo personalmente la clientela, abbiamo autonomia per concedere finanziamenti fino a 25 milioni di euro e quindi le pratiche sono molto veloci. In Italia è diverso non solo per la crisi ma anche perché le procedure sono più lente. Il turnover nelle banche fa sì che i dirigenti perdano memoria del tipo di cliente che hanno davanti. Anche per questo motivo il nostro amministratore delegato Federico Ghizzoni ha tagliato tre livelli decisionali nell’organigramma, proprio per accelerare i processi».

 

EPILOGO

In Bulgaria gli italiani riescono a fare quello che in Italia non riesce loro. Gli imprenditori possono sviluppare le loro aziende perché le tasse non li vessano e il lavoro costa meno. La banca presta i soldi che in Italia non concede proprio perché quelle prospettive di sviluppo sono concrete e non aleatorie e, infatti, realizza utili e non perdite come hanno fatto alcune banche italiane nel 2012 a causa delle svalutazioni dei crediti. Confindustria e banche, che ogni tanto in Italia si guardano con diffidenza, a Sofia vanno d’amore e d’accordo. Il paradosso è uno soltanto: l’Italia che funziona è stata esiliata. Se da Mario Monti o da Angela Merkel fate voi…

Wall & Street

 

 

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