Le sofferenze di Atlante
Giornata di acquisti sui titoli bancari in Borsa: Mps, UniCredit, Intesa, Bper, Ubi e Banco hanno tutte il vento in poppa. La Borsa si è convinta che, grazie all’istituzione del Fondo Atlante da parte di Quaestio Sgr, il sistema bancario potrà liberarsi più facilmente delle sofferenze e anche gli aumenti di Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca saranno garantiti. Ma è possibile che un fondo con una dotazione di 6 miliardi, seppur benedetto dal ministro dell’Economia Padoan e dal presidente del Consiglio Renzi, riesca a risolvere tutti questi problemi in un batter d’occhio?
Cerchiamo di ragionare partendo dalle dichiarazioni del Ceo di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina. L’apporto finanziario di Ca’ de Sass «sarà di 1,2 miliardi di euro se il fondo sarà di 6 miliardi di euro». Un eventuale effetto leva «non mi fa impazzire, se ci sarà dovrà essere limitata», ha aggiunto precisando che «le sofferenze dovranno avere una valutazione il più possibile vicina a quella di carico delle banche», perché «quest’operazione toglie dal sistema la percezione che siano alcuni fondi internazionali a fare il prezzo visto il loro largo potere d’acquisto: lo schema da cui si partirà è il valore di carico che le banche hanno a bilancio».
Queste dichiarazioni valgono tanto oro quanto pesano perché ci forniscono una serie di informazioni preziose:
- Intesa avrà al massimo il 20% di Atlante (è presumibile che pure UniCredit si impegni per una cifra molto simile)
- Atlante dovrebbe limitare il ricorso al debito (l’effetto-leva) utilizzando principalmente i capitali di cui disporrà
- Le sofferenze saranno acquistate a valore di carico che, come abbiamo visto, è più alto di quello che il mercato riconosce.
Queste evidenze ci consentono di affrontare alcuni temi fondamentali
IL CONTAGIO
Come osservato dagli analisti di Mediobanca, le quote detenute dalle banche in Atlante saranno catalogate come partecipazioni finanziarie e incideranno sul calcolo del patrimonio di vigilanza con effetti che potrebbero risultare visibili. L’agenzia di rating Fitch ha sottolineato che, in situazioni normali, Intesa, UniCredit e Ubi non effettuerebbero mai investimenti fuori dai loro parametri di rischio. A ottobre 2015 hanno partecipato al salvataggio delle quattro banche con circa 900 milioni di euro e questo è costato a Intesa Sanpaolo e Unicredit circa il 10-11% degli utili pre-tasse, il 30% per Ubi Banca . «I profili finanziari delle grandi banche si indeboliranno e i rating potrebbero subire ulteriori pressioni al ribasso», concludono gli analisti. Insomma, per salvare le banche in pericolo (Mps, Carige, PopVicenza e Veneto Banca) si rischia di contagiare le altre.
LA FERITA PROFONDA
«È un piccolo cerotto su una su una ferita larga e profonda», hanno commentato gli analisti dell’agenzia europea di rating Scope. Stiamo parlando, infatti, di 3 o al massimo 4 miliardi (il restante patrimonio del fondo sarà utilizzato per gli aumenti di Vicenza e Veneto che ammontano a 3 miliardi circa) su una montagna di 196 miliardi di sofferenze lorde (sono un po’ diminuite a inizio 2016 rispetto ai 201 miliardi di fine 2015). Lo scopo dell’impresa è consentire alle banche di venderle al 35-40% del loro valore registrato a bilancio senza sopportare minusvalenze che le costringerebbero a riportare perdite che potrebbero essere compensate solo con aumenti di capitale. Il governo ha promesso una nuova revisione del diritto fallimentare che consenta alle banche di recuperare velocemente i propri crediti dai cattivi pagatori (circostanza che influisce sulla svalutazione degli stessi; per recuperare un immobile a garanzia si impiegano 7 anni). Secondo gli analisti di Equita, con una leva 5 (3 miliardi di capitale e 15 miliardi di debito) si potrebbero comprare 43 miliardi di Npl, cioè vendere sofferenze al 42% del loro valore. Ma se, come ha detto Messina, il ricorso all’indebitamento sarà limitato, sarà limitata anche la possibilità di comprare le tranche junior e di minore qualità delle cartolarizzazioni di Npl.
PISTOLA SCARICA
«La potenza di fuoco è intrinsecamente limitata», affermano gli analisti di Mediobanca. I rischi sono molti: «potrebbe essere chiesto il via libera della Commissione Ue e la proposta che Cassa Depositi e Prestiti possa partecipare all’operazione potrebbe essere esaminata come possibile aiuto di Stato», ha osservato Fitch. Ubs è, invece, ottimista: «Un moderato grado di leva finanziaria è in grado di dare al fondo abbastanza potenza di fuoco per garantire la solvibilità delle banche più deboli e per mettere in sicurezza le banche con livelli elevati e anormali di non performing loan, contribuendo alla riduzione del rischio sistemico». L’obiettivo, infatti, è quello di «drogare» il mercato degli npl rispetto al trasferimento degli asset alla bad bank delle quattro banche «salvate» (Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti e CariFerrara sono state costrette a venderle al 17,5%) o dell’offerta del Fondo Apollo per i crediti in sofferenza di Carige (20%). Ora anche se il ministro Padoan ha garantito che Bruxelles è stata avvisata, è chiaro che l’unico scopo è evitare la scure del bail in. E noi possiamo anche essere d’accordo su questo trucchetto che consente di non penalizzare obbligazionisti e correntisti che in Italia sono spesso disinformati, ma – al di là della maggiore o minore dotazione di Atlante – sappiamo bene che l’Italia, purtroppo, in ambito europeo si presenta troppo spesso con la pistola scarica e non riesce a ottenere quello che le servirebbe.
Wall & Street