#Hellone globalizzazione
È il più bel meme sulla Brexit spuntato sui social network: la regina Elisabetta e Filippo di Edimburgo che fanno «hellone» a tutti gli europei e tornano al loro splendido isolamento. Certo, adesso per la Gran Bretagna si aprirà una fase difficile, incerta viste le dimissioni del premier David Cameron, ma non si può dire che non abbiano saputo rivendicare un’autonomia che sentivano minacciata da Bruxelles e da Berlino, pur non facendo parte della moneta unica e pur potendo godere di alcune specifiche garanzie. Ecco ora, però, è il momento di fare un passo avanti e cercare di capire non solo cosa possa cambiare per i nostri risparmi e per i nostri investimenti viste le forti turbolenze dei mercati innescate da questa decisione senza precedenti che mina alle basi il progetto di solidarietà e collaborazione tra Stati in Europa. Progetto teorico, diciamolo, visto che l’Unione Europea in questi 60 anni non ha garantito né la pace assoluta (è stata incapace di risolvere il conflitto balcanico) né ha impedito che uno dei suoi componenti fosse pubblicamente umiliato (la crisi della Grecia).
Il più bel commento, invece, è quello di Credit Suisse. La sintesi è: questa non è solo una partita relativa alla Gran Bretagna e alle sue prospettive di crescita che, inevitabilmente, si contrarranno avendo rinunciato ai benefici (pochi) del mercato unico europeo. La partita è lo stop alla globalizzazione: l’emergere in Occidente di forze politiche e di convinzioni nei cittadini che si sentono traditi dalla sempre maggiore interconnessione dei mercati. Noi potremmo dire che questa paura sia irrazionale e immotivata, ma se da Londra a Parigi, da Roma a Madrid, da New York ad Amsterdam le tendenze che emergono sono queste, allora c’è da aspettarsi «una contrazione della crescita globale e dei profitti delle imprese».
In un simile scenario, ovviamente, non è facile difendere i propri capitali, tenendo presente che, al momento, nulla è cambiato dal punto di vista politico. Se volete rifugiarvi sulle valute forti per eccellenza come il franco svizzero e il dollaro, tenete presente che la Banca Nazionale svizzera e la Fed non lasceranno rafforzare le proprie monete per non creare squilibri nelle proprie economie. Lo stesso vale per lo yen che sui mercati asiatici è una garanzia. Insomma, anche se ancora non è stato ufficializzato, un intervento più o meno coordinato delle banche centrali è nell’ordine delle cose. Un po’ più ottimisti gli analisti di BlackRock. «Prevediamo sell-off in tutte le asset class di rischio creando opportunità di acquisto», hanno commentato a caldo aggiungendo che «il voto non cambia la gestione degli assets dei clienti da parte di BlackRock in Europa e non prevediamo alcuna interruzione alle modalità di gestione dei portafogli fino ad oggi previste». È inutile stracciarsi le vesti dinanzi ai crolli in Borsa: tutti si aspettavano che le economie periferiche della zona euro avrebbero sofferto in caso di Brexit perché maggiormente esposte al clima di incertezza. Poiché è da prevedere che la volatilità resterà alta, vale la pena suggerire – soprattutto per i patrimoni più elevati – una copertura sui rischi di cambio e di performance negativa dell’azionario e dell’obbligazionario attraverso derivati e opzioni.
Wall & Street