La guerra (persa) al contante
Nella settimana che si è appena conclusa sono circolate indiscrezioni circa una sanatoria sul contante correlata alla prossima legge di Bilancio. Si tratterebbe di una nuova tipologia di voluntary disclosure sul denaro cartaceo pensata, specificatamente, per far emergere l’evaso facendo pagare un forfait sul contante con l’aggiunta di un quid legato all’acquisto di titoli di Stato. Questo acquisto obbligatorio di titoli andrebbe a compensare, almeno in parte, il fatto che la Banca centrale europea si sta apprestando a ridurre ulteriormente ed in modo sensibile gli acquisti di bond dei paesi dell’Eurozona. Si tratta, quindi, di una “collaborazione volontaria” che consentirà, di fatto, ai contribuenti che detengono illecitamente in cassette di sicurezza, oppure in storage box, importi in contanti, di regolarizzare, secondo la legge, la propria posizione denunciando spontaneamente alla amministrazione finanziaria la violazione degli obblighi di monitoraggio.
Secondo un calcolo approssimativo si tratterebbe comunque di un importo che potrebbe superare di gran lunga i 200 miliardi di euro. Questa idea si correlerebbe ad altre ipotesi allo studio del governo tra le quali una nuova stretta sulle compensazioni Iva, tramite l’abbassamento della soglia oltre la quale non sarà più possibile appunto compensare automaticamente i crediti del contribuente con le imposte dovute oltre i 2.500 euro «Ancora una volta è il “gioco delle tre tavolette” perché così lo Stato farà “cassa” ritardando il pagamento dei debiti fiscali», spiega Fabio Accinelli, esperto di diritto delle imprese.
«Il governo di Paolo Gentiloni che si era vantato ed aveva “gridato” ai quattro venti che il suo esecutivo avrebbe posto in essere una manovra “neutra e di galleggiamento”, si scontra con i fatti che sono tutt’altro che promettenti per i cittadini italiani, perché, nel merito, non sarà così», aggiunge Accinelli sottolineando che «a tutte le nuove sanatorie allo studio si affiancherà anche una riedizione della rottamazione delle cartelle con l’inclusione dei redditi dell’anno 2017, operazione che andrà a coinvolgere più di 400mila contribuenti». Ma, conclude, «chi tesaurizza e detiene importi in contanti senza denunciarli al fisco si collega, forse senza saperlo, ad una delle principali teorie di John Maynard Keynes secondo cui il tasso di interesse pagato e/o non incassato non è il prezzo della rinuncia al consumo presente o meglio del risparmio, ma il prezzo della rinuncia alla liquidità, ed è quindi determinato dall’equilibrio sul mercato generale, ad un livello che può generare una spesa per investimenti insufficiente ad assorbire il risparmio corrispondente a reddito di piena occupazione».
In poche parole, una voluntary sul contante per avere successo dovrà mettere in conto il costo che il detenente le somme sopporta per l’impossibilità di spendere e/o investire tali importi rapportato al costo del forfait che dovrà pagare allo Stato con la dichiarazione del medesimo. Potrebbe essere conveniente, ma anche no.
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