«A fare a gara a fare i puri, troverai sempre uno più puro… che ti epura». Diceva così Pietro Nenni, vecchio marpione che navigò oceani insidiosi e attraversò mille tempeste. Eppure, siamo ancora fermi al palo, come se nulla fosse successo. Fissi nella convinzione che la intransigenza verbale provochi naturalmente una politica sana e decisamente coerente, in specie sul tema delle identità e della difesa della comunità nazionale.

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Esattamente come un secolo fa, si rimesta nel torbido di una infruttuosa dialettica politica che fa sfoggio di apparente nettezza e di imperativi categorici. E così ci ritroviamo a sentir risuonare termini come ‘nazionalismo’ e ‘patriottismo’, correlati con le abituali e ridondanti forme di enfasi oratoria, da parte di chi, attento al consenso elettorale sul breve periodo, è però inconsapevole degli esiti a cui si giunge utilizzando un registro di continuo compiacimento per ogni vincente radicalismo, in qualunque Paese europeo, e una totale adesione verso ogni tipo di ‘particolarismo’.

Perché è poi la Storia ad incaricarsi di svelare che c’è sempre «uno più puro che ti epura», come nel caso della vicenda austriaca dove il cancelliere Kurz e i suoi alleati, appunto ‘nazionalisti’ e ‘patriottici’, tanto osannati da quelli di casa nostra, vogliono dare il doppio passaporto ai cittadini dell’Alto Adige. E a quel punto …solo a quel punto, scopriamo che non vanno più bene e diventano pericolosi nazionalisti, nemici della Patria. Lapalissiano, verrebbe da dire.

Ma tale lezione, i nostri politici, fanno fatica ad intenderla. Confondono la difesa degli interessi nazionali che è ‘cosa seria’ con ‘ismi’ di varia natura e quando trovano chi applica alla lettera quei dettami vengono spiazzati dalla realtà.

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