“Bimba malata di tetano, indagati i genitori”, ma non era tetano
Ricordate la storia della bambina di 7 anni che si era ammalata di tetano? (Autunno 2017, Torino). La piccola non era stata vaccinata e perciò i genitori furono indagati per lesioni colpose. La bimba si ristabilì in poco tempo e venne dimessa dopo qualche settimana (nel frattempo venne vaccinata contro il tetano). I genitori subirono immediatamente un processo mediatico feroce – pari a quello dell’ostetrica di Macerata licenziata in tronco per non aver fatto il vaccino trivalente di cui non aveva alcun bisogno – e poi un procedimento penale.
Ma, colpo di scena, “Il fatto non sussiste”. Così ha stabilito il giudice. La malattia, verosimilmente, non era tetano. E il pm che indagò la mamma e il papà della piccola, dopo aver nominato un consulente, esaminato la cartella clinica e recepito la memoria difensiva costruita da diversi medici (fra i quali il Premio Nobel Luc Montagnier, il virologo Giulio Tarro, il professor Paolo Bellavite, l’infettivologo Fabio Franchi, il chirurgo Giorgio Pellis) chiese l’archiviazione nel novembre scorso. Il gip ha accolto la richiesta pochi giorni fa. Non si va più a processo.
La diagnosi di tetano è stata messa in dubbio. Perciò, per la malattia che ha afflitto la piccola – probabilmente una laringite acuta con trisma (il serramento delle mascelle) -, non vi sono responsabili.
Non solo. I periti fanno presente che il tetano si può presentare anche in persone vaccinate e con un alto livello di anticorpi, a differenza di quanto molti ritengano. Comunque, il protocollo prevede che, in caso di ferita, ci debba essere la certezza dell’avvenuta vaccinazione (comprensiva di regolari richiami), altrimenti si provvede a farla e a somministrare anticorpi (immunoglobuline).
Come succede per altre malattie (Herpes Zoster, meningiti, pertosse, parotite, influenza), la vaccinazione e persino la presenza di anticorpi non garantiscono la protezione contro la malattia.
Le statistiche USA mostrano che circa il 15-20 % dei casi di tetano avviene in soggetti completamente vaccinati.
Torniamo al fatto.
La richiesta di archiviazione dell’ipotesi di reato nei confronti dei genitori torinesi risale al novembre 2018, a un anno dall’accaduto. Ne diede notizia l’agenzia Ansa con poche righe che trovate qui. Nessun altro giornale o talk show riportò l’epilogo.
Di poche settimane fa la notizia che il gip ha accettato l’archiviazione (che ora è effettiva).
Eppure la vicenda ha incuriosito da subito.
Dapprima per il fatto che la bimba non aveva riportato alcuna ferita, né profonda, né superficiale nei mesi precedenti l’episodio e poi perché “ha sempre vissuto in città e mai in campagna a contatto con terra e animali” si legge nella memoria difensiva costruita dagli avvocati Luigi Isolabella, Angela Quatraro e Nicola Pietrantoni.
I periti chiamati dalla difesa hanno potuto dimostrare (così hanno sostenuto) che il tetano non c’entrasse affatto sulla base dei documenti e delle cartelle cliniche.
Sì, era tutto scritto.
Si legge che la piccola era stata considerata un “codice giallo”, che in sala d’attesa, pur avendo dolore al collo e difficoltà a spalancare la bocca riusciva comunque ad aprire la mandibola (aspetto, quest’ultimo, incompatibile con un tetano in atto) e che, “seduta con le gambe incrociate, aveva trascorso il tempo disegnando”. Che aveva gonfi i linfonodi del collo e, “nelle prime ore del mattino dolore alla parte alta della schiena”, tuttavia è stata trovata da subito “vigile, reattiva, orientata”, ha infatti sempre parlato con i medici e i familiari. Dopo la tac eseguita il giorno successivo all’ingresso in ospedale la diagnosi è stata “Sospetto ascesso retrofaringeo? Trisma (serramento delle mascelle)”. Alla visita otorinolaringoiatrica svoltasi al momento del ricovero, lo specialista, non avendo alcun sospetto di tetano, aveva prescritto antiinfiammatorio e cortisone.
Tuttavia, il secondo giorno di ricovero, la bimba è trasferita nella “Divisione di sospetto tetano” dove le verrà prescritto l’antibiotico che si usa per contrastare l’infezione tetanica; dopo 4 giorni però, i medici hanno sostituito l’antibiotico preferendone uno adatto alle patologie tonsillari. Questo cambio di strategia terapeutica è indicativo della poca convinzione dell’équipe medica nei riguardi della diagnosi di tetano.
Come è possibile che non vi sia certezza?
In sostanza, secondo i periti, mancavano prove essenziali e il decorso non era caratteristico del tetano. Si legge: “Non è stata ricercata la tossina tetanica nel sangue, non c’era alcuna infezione in atto con il germe tetanico. Non c’era storia di un’infezione precedente. Gli esami strumentali – elettromiografia e di laboratorio – oltre all’esame obiettivo non erano compatibili con il tetano in atto. Il chirurgo Giorgio Pellis, che è stato per lunghi periodi in ospedali africani, ha osservato svariate decine di casi di tetano”.
Tuttavia, i sintomi iniziali hanno giustamente allertato i medici, ma poi il quadro temuto non si è sviluppato affatto.
A ciò si aggiunga che il dolore della bimba si è attenuato progressivamente con il solo paracetamolo (i dolori da tetano sono insopportabili e persistenti e non si placano con paracetamolo).
“Perciò il quadro disegnato dagli esperti della difesa è tale da seminare un significativo dubbio sulla esattezza della diagnosi di tetano”. Così hanno concluso gli avvocati. E per questi motivi il pm ha chiesto al giudice l’archiviazione.
Non era tetano e non ci sono colpevoli.
Assolti i genitori da ogni accusa. Poiché – come illustrato nella memoria difensiva – vi erano opportune ragioni di salute dietro la scelta di non sottoporre la bimba a tanti vaccini insieme. Innanzitutto il fatto che la piccola, come la madre, è allergica ad alcuni farmaci e alimenti. “Il percorso dei genitori, lungi dall’essere dettato da mode o convincimenti ideologici, è il frutto di un ampio e continuo lavoro di documentazione su basi scientifiche”.
Cosa ci insegna questa storia.
Che il più delle volte, in medicina, le situazioni sfumano nell’“incertezza”. Che l’impegno profuso a mani piene – sia da parte dei medici che degli avvocati – permette, talvolta, di “accarezzare” la verità . Altre volte no, non si riescono a salvare vite o a dipanare matasse, ma ha valore comunque.
Che il processo mediatico è in antitesi con la ricerca della verità, perché, imprigiona intenzioni e persone in etichette feroci. I genitori della piccola erano finiti sulle prime pagine di tutti i giornali, additati come mostri irresponsabili. Qualcuno era arrivato a dire che la bambina non avrebbe dovuto ricevere cure in un ospedale pubblico perché “non era vaccinata”.
Non si sollevarono obiezioni, o, se ci furono, non si sentirono: il grido giustizialista riuscì a far tacere il buon senso e a far dimenticare i principi della Costituzione.
Chissà se ora qualcuno chiederà scusa a questa mamma e a questo papà.