Tanti anni fa a Risiko conquistai la Groenlandia, e mi trovai catapultato in un mondo fantastico, dove tutto era bianco. Proprio in quel periodo, in ambienti accademici occidentali era divampata la polemica a proposito dei cinquanta fantomatici vocaboli Inuit per descrive la parola “neve”. In realtà fu poi appurato che i vocaboli erano solo due: QANIK, neve nell’aria e APUT, neve in terra.

Quando raggiunsi latitudine 80 Nord, lasciai il mio carro armato rosso per proseguire a piedi, e già in quella prima perlustrazione scampai per miracolo all’attacco di un orso, dopo averlo scambiato per APUT. Compresi subito che la priorità non era tanto il numero di parole per descrivere il nome “neve”, quanto comprendere le diverse sfumature dell’aggettivo “bianco”. Dopo mesi e mesi passati a guardare, cominciai finalmente a vedere, e poi abbinai le mie scoperte alle parole Inuit che descrivevano tale complessità.

La prima parola era QINU, il bianco che più bianco non si può. Rabbrividii inconsapevolmente quando imparai QALUQSIQ, bianco “neve”, diversa da NUNACIQ, bianco “ghiaccio”. Grande fu la mia sorpresa quando appresi due parole fondamentali in quel contesto: PILIRAQ, bianco con sfumature di giallo, e BLIZA, bianco con sfumature di blu. Poi ancora SIVULIQ, bianco delle nuvole, e infine QALLUNAAT, uomo bianco.

Questo aneddoto della mia vita mi tornò in mente quando, molti anni dopo, lessi un paio di articoli nei quali Ernesto Galli della Loggia criticava l’incapacità di noi Europei di prendere in considerazione il pensiero negativo*. Mentre infuriava la guerra in Ucraina e il genocidio a Gaza, il giornalista del Corriere sosteneva che eravamo diventati incapaci di riconoscere l’esistenza del male, la guerra, l’avversario, ottenebrati dall’illusione di trovare sempre una giustificazione per un nuovo compromesso, pur di mantenere la pace a scapito dei nostri valori.

Eppure, dopo la fine della guerra fredda, il pensiero positivo e il politicamente corretto avevano gravemente compromesso quegli stessi valori democratici che GdL invitava a difendere con le armi. Non si spiegava altrimenti perchè l’Unione Europea avesse di fatto abolito la possibilità di fare politica al suo interno: qualsiasi leader nazionale che esprimesse dissenso rispetto alla linea ufficiale della UE, veniva emarginato, anzichè assimilato mediante un vero dialogo. Questo modo di fare influiva direttamente (e a mio parere, negativamente) sugli esiti di almeno una delle guerre in corso. Il nostro problema non era aver dimenticato il “male” come sosteneva Galli della Loggia, ma aver cancellato tutta la vitale scala di grigio che lo separava dal “bene”.

A questo proposito, qualche tempo prima lo scrittore Enrico Remmert aveva espresso un concetto analogo**, quando rammentò la divertente e brutale opinione che Mark Twain aveva di Jane Austen: «Ogni volta che leggo Orgoglio e Pregiudizio mi viene voglia di disseppellirla e spaccarle il cranio con la sua stessa tibia». Quella di Remmert non era un’affermazione contro la Austen, ma un elogio della “scrittura cattiva” contro lo stucchevole buonismo di quegli anni.

Il primo passo per riammettere nel nostro arco parlamentare europeo e letterario quel genere di mentalità e di scrittura, fu restituire tutte le diverse tonalità di grigio ai nostri valori. Lo sapevo bene io, dopo l’incidente di tanti anni prima in Groenlandia, quando avevo rischiato la vita per non essere stato in grado di leggere una gradazione analoga.

 

*Corriere della Sera, 31 Luglio 2024 & 18 Agosto 2024
**Corriere della Sera, 2 Aprile 2020

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