American dream, un mito da cinematografo più che una realtà per gli italiani. È quanto emerge dal Rapporto Amway 2013, una ricerca commissionata dal colosso Usa della vendita diretta (11,8 miliardi di dollari di fatturato l’anno scorso).  Il «sogno americano», la possibilità di costruire da soli il proprio avvenire per molti giovani del nostro Paese assomiglia più a un incubo che a una concreta possibilità di cambiare verso alla propria vita.

E forse non è un caso che la recente visita a Roma del presidente Barack Obama sia stata caratterizzata più da elementi pittoreschi che non da concreti risvolti politico-economici. Tra noi e l’altra sponda dell’Atlantico c’è un abisso. No, non ci metteremo certo a parlare di «bamboccioni», assolutamente no! Abbiamo troppo rispetto dei nostri ragazzi e non ci permetteremmo mai di insultarli. Questo, però, non vuol dire che non si possa criticare un atteggiamento mentale sicuramente poco costruttivo che la società e la famiglia instillano nelle giovani generazioni. Vediamo perché

Il coraggio non manca

Innanzitutto l’indagine Amway, curata dalla società di ricerca Gfk, mette in evidenza come in generale gli italiani e gli europei (69%) siano più propensi a mettersi in proprio rispetto agli stessi americani  (56%). Gli «under 30» hanno capito che battere crisi e disoccupazione questa è una delle strade maestre. Non per niente Wall & Street già in passato ha messo in evidenza cosa bisogna fare per non restare con le mani in mano. Quasi otto italiani su dieci (78%) mostrano un atteggiamento favorevole nei confronti dell’autoimprenditorialità. Solo la metà dei giovani statunitensi esprime invece una risposta positiva (52%). Una distanza confermata dal fatto che il 58% degli italiani dichiara di avere la capacità di immaginare di poter avviare un’attività in proprio (49% la media europea), mentre solo il 39% dei ragazzi americani si vede imprenditore. Insomma, il coraggio non manca.

Fallire fa paura

Lo spirito e la voglia di fare impresa  sono però  frenati dalla paura del fallimento: il 92% dei giovani italiani (75% la media dei giovani europei) vede una possibile sconfitta come un ostacolo all’avvio di un business in proprio. Solo il 46% dei giovani americani è della stessa opinione. La sfiducia nei confronti del Sistema Paese percepita dagli italiani è evidente: solo il 36% dei giovani crede che l’Italia sia un ambiente ideale per avviare un lavoro autonomo. Ben diversa è invece la percezione dei giovani americani: il 72% afferma di vivere in un Paese favorevole all’imprenditorialità.

Una prospettiva rovesciata

E qui arriviamo al dato meramente sociologico. Per gli italiani la start up è stimolante sia perché consente di accedere a finanziamenti pubblici e prestiti (46%) sia per la minor pressione della burocrazia (45%). Negli Usa, invece,  la prima e vera leva per stimolare l’autoimprenditorialità è la formazione, ovvero lo sviluppo di competenza nel settore (40%), fattore che in Italia si piazza solo al quarto posto (22%). Insomma, mentre da noi ci si mette in proprio per avere qualche aiuto in più dall’esterno, in America si punta sull’idea vincente e sulla fiducia nelle proprie capacità per realizzarla.  Certo, Italia e America hanno storie molto diverse. Eppure tutti i grandi italiani sono diventati tali perché hanno avuto voglia di scommettere, di fare quel salto che oggi, per tanti motivi, a molti fa paura.

Wall & Street

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