Un nostro affezionato lettore ci ha inviato una mail (a proposito, quella di Wall è gianmaria.defrancesco@ilgiornale.it, mentre quella di Street è massimo.restelli@ilgiornale.it – scriveteci, appena il lavoro ce lo consente saremo felici di rispondervi) ponendoci un interessante quesito su un argomento che non abbiamo mai toccato direttamente, ma solo di sfuggita: il prestito forzoso. Si tratta di un’antica prassi: la sottoscrizione obbligatoria di titoli di Stato per fornire nuove risorse alla finanza pubblica e aiutare l’economia a uscire dall’impasse. Ma sarà veramente così?

«Cortesemente vi chiedo per quali motivi lo Stato non possa emettere titoli rappresentativi di un sottostante costituito da una percentuale del valore dei beni immobiliari posseduti dai cittadini che presteranno tale percentuale temporaneamente alla Stato in modo da creare liquidità aggiuntiva senza sforare i parametri UE. Dopo l’emissione i cittadini riceveranno e faranno circolare nel solo Stato emittente i predetti titoli, come fossero banconote in euro, per un prestito limitato temporaneamente (20-30 anni). Così facendo lo Stato potrebbe disporre di paraliquidità gratis e avviare la ripresa con programmi di ambiziosi tagli di tasse alle imprese sino a che si riesce ad avere partite correnti positive.

Ringrazio per l’attenzione che mi sarà dedicata.

Attendo gradita risposta».

Bruno Puricelli

Aosta

 

Egregio Sig. Puricelli,

quella che Lei propone è una variante del prestito forzoso che, in teoria, è attuabile. Rispetto alla più comune proposta, sostenuta soprattutto dal quotidiano MF, di creare un fondo ad hoc con gli attivi immobiliari dello Stato sulla base dei quali emettere obbligazioni, in questo caso sarebbero i privati a intervenire sottoscrivendo bond che avrebbero come collaterale la loro stessa proprietà. L’aumento temporaneo della massa monetaria (l’aggregato che somma sia il totale del denaro liquido emesso dall’istituto centrale che tutti gli altri titoli aventi le stesse funzioni come depositi, conti correnti e titoli a breve termine) , sempre in teoria, dovrebbe apportare alcuni benefici al ciclo macroeconomico.

Fin qui tutto bene ma, a nostro parere, si aprirebbero nuovi fronti. In primo luogo, le emissioni sulla base di una cessione parziale di asset allo Stato farebbero temporaneamente aumentare il debito stesso dello Stato, che poi sarebbe tenuto a rimborsarle. È vero: il prestito forzoso ha generalmente un rendimento più basso di quello medio del debito pubblico e gli introiti servono appunto per riacquistare i titoli con la cedola più alta e diminuire così la spesa per interessi (nel caso del Prestito del Littorio del 1926, invece, si effettuò un ripudio del debito allungandone la scadenza). Ma noi non metteremmo la mano sul fuoco. Anche gli acconti Ires e Irap che le aziende versano annualmente sono superiori all’imposta (per le banche si arriva al 128,5%!!!) e questo è un prestito forzoso. Ma non ci risulta che lo Stato li utilizzi per tagliare il debito. Al contrario, finanziano la spesa corrente.

In secondo luogo, intravediamo la creazione di alcune difficoltà al già periclitante mercato immobiliare. Come si fa, infatti, a cedere un immobile nella sua totalità se questo è parzialmente di proprietà di terzi e se quest’ultimo lo ha posto a garanzia di un prestito? Bisognerebbe quantomeno prevedere una norma che consenta la cessione parziale degli immobili stessi. Oppure il venditore assieme all’immobile dovrebbe cedere le obbligazioni ricevute in cambio della propria quota. In questo caso, la creazione di liquidità sarebbe leggermente inferiore a quella preventivabile, come quando si vende una casa gravata da un mutuo. Questo tipo di prestito forzoso, infatti, altro non è che un mutuo ipotecario. Il problema è che il contratto di mutuo garantisce tanto il debitore quanto, soprattutto, il creditore. In questo caso chi pagherebbe se l’immobile perde di valore (anche a causa di fenomeni naturali), se non viene manutenuto, se il mercato crolla? E, soprattutto, chi fornisce la garanzia assicurativa in caso di inadempienza? Per non parlare, poi, delle differenze metodologiche e finanziarie tra l’ammortamento di un mutuo ventennale o trentennale e il rimborso di un prestito obbligazionario.

Ultimo, ma non meno importante: il prestito forzoso è una patrimoniale occulta che colpisce, in questo caso, il bene più caro agli italiani, cioè la casa. Anziché pagare un’imposta straordinaria (come se non bastassero Irpef, Imu, Tasi e Tari!!!) si sottoscrive un mutuo che verrà rimborsato a babbo morto.

Caro Signor Puricelli, con la proprietà privata non si scherza e non la si può utilizzare per socializzare il debito pubblico! Ecco perché, personalmente, riteniamo che non vi sia altra strada per tagliare le tasse che una riduzione decisa della spesa pubblica con tutte le conseguenze (positive e negative) che essa comporta. Abbassando le tasse generalmente il gettito tende a restare invariato (se non ad aumentare) e, avendo minori spese, lo Stato potrebbe più facilmente rimborsare il proprio debito.

Cordialmente

Wall & Street

 

 

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