Moderati, questi ‘conosciuti’
Il moderatismo non possiamo debellarlo. Non c’è nulla da fare. Ti prende dalle viscere e poi risale fino al cervello. In talune epoche si è provato pure a contenerlo ma, come l’araba fenice, riprende vita nel momento in cui sembra eclissarsi.
È putrida degenerazione del machiavellismo; che è già esso stesso forma regredita del pensiero del ‘’Segretario fiorentino’’. Ricerca continua del compromesso al ribasso e di opzioni che non scontentino nessuno; rinuncia alle scelte nette e gradimento verso quelle melliflue e lenitive. Un morbo divenuto anche ‘forma mentis’ di una comunità nazionale e col quale bisogna convivere.
Come le ferite di battaglia accompagnavano gli antichi guerrieri, così esso ci scorta lungo tutto il nostro agire politico e ci segnala ogni piccola diversione. Lo fa con discrezione perché è rassicurante e mai rivoluzionario. Raramente si veste di riformismo, più spesso invece di immobilismo furbo anche se pacato e riflessivo; di cautela che diventa inazione; di astuzia all’ennesima potenza che incita all’ozioso galleggiamento anche quando il mare è scosso dal moto ondoso e servirebbero coraggio ed intraprendenza.
Il moderatismo è atteggiamento camaleontico e imperituro, e chiunque lo sfidi alla lotta ne esce fatalmente sconfitto oppure blandito dalle sue grazie perché anche quando ci si dichiari contrari a tale pratica, alto è il rischio di essere ghermiti dal canto suadente delle sue sirene che ammansiscono fino allo stordimento.
Il moderatismo è forza centripeta non solo perché i suoi sostenitori si incontrano spesso al centro dell’agone politico ma perché è uno stupefacente assunto a piccole dosi ed in maniera continuativa in qualunque luogo ci si trovi. Destra e sinistra, o quel che resta di esse, ne hanno legalizzato l’uso da tempo immemore.
Eppure non è solo un luogo spaziale in cui tutti convergono. Piuttosto è un atteggiamento, una forzatura subdola per annacquare quel poco che resta delle idee politiche.