Alle Olimpiadi è un ammiccamento continuo. Segno dei tempi. Tutti a farsi selfie e a strizzare l’occhio al fotografo di turno un attimo dopo il fine gara. Riviste cartacee e giornali on line ci stanno facendo strabuzzare gli occhi collocando in ogni perimetro di pagina atlete ed atleti di ogni parte del mondo in posizioni tipiche da starlette televisive e da calendario sexy. Addominali scolpiti e gambe sinuose si sprecano.

Per carità, tutto lecito, soprattutto trattandosi di giovani donne e uomini nel pieno della loro esplosività e bellezza. Eppure c’è un effetto straniante; qualcosa che non torna. Quattro anni di durissimi allenamenti per conquistare quel benedetto podio e in men che non si dica questi supereroi sono pronti a farsi fotografare in pose accattivanti. Abbandonano il mito e la gloria eterna, e si arrendono al rito del becerume gossipparo.

Ribadisco: niente di moralmente inammissibile. Ciò nonostante, c’è una sensazione di potenza in quei corpi quasi nudi, in quelle masse tumultuose di muscoli pronte per l’ultimo sforzo prima del traguardo che, inevitabilmente, tende a perdersi nelle foto del giorno dopo, forzate ad un erotismo eterodiretto.

Una sensazione di straniamento che si dispiega un attimo dopo averli incitati alla vittoria ed averli onorati come antichi eroi quando ce li ritroviamo del tutto simili a quelli che sculettano ogni dì per qualche comparsata in Televisione oppure per qualche copertina.

E qui non si tratta di mortificare la bellezza, quanto di esaltarla. I greci ne avevano desunto un apogeo estetico da tenere a modello. E i latini, abbinando la generale torsione dei corpi e lo sforzo fisico al coinvolgimento della ragione e dell’intelletto, avevano tirato fuori l’indelebile motto: ‘mens sana in corpore sano’.

Gli atleti e le atlete che si preparano alle gare marcano lo slancio dei proprio corpo quasi inconsapevolmente in quanto frutto di uno stile severo, risultato di mille allenamenti. Ma è nella gara che si raggiunge l’equilibrio perfetto tra emozioni e severa disciplina, sentimenti e fatica, e che li rende pronti a oltrepassare ogni ostacolo umano o di tempo.

Poi accade l’impensabile. Entra in gioco, come per ognuno di noi, la miseria del quotidiano. Dalla fine della gara alla prima intervista cambia tutto. Lo spazio che intercorre tra l’azione pulsante della gara e la vacuità della vita si sopprime in men che non si dica. Il giorno prima paiono sculture greche pronte ad ogni impresa titanica; il giorno dopo carne da macello per dozzinale chiacchiericcio. Corpi obbligati a sperimentare nuove pose sempre più dinamiche e sensuali, e che perdono armonia nella eccessiva stilizzazione dei rotocalchi gossippari. Una sensualità da showbiz che diventa strumento per forgiare nell’osservatore uno sguardo carico di desiderio. E nulla più.xxxxxxxxxxxxxxx

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