Oggi è l’ultima giornata di Babele a Nord est, il Festival culturale di Padova curato da Vittorio Sgarbi.

Ieri, ero tra gli invitati per discutere del libro di Richard Millet, L’antirazzismo come terrore letterario, insieme ai filosofi Renato Cristin e Sossio Giametta, a Vladimir Luxuria e a Carlo Vulpio (Corriere della Sera).

Quella che segue è la parte iniziale della mia relazione che riprendeva i temi del mio ultimo libro, L’ubbidiente democratico.

 

<<La dualità razzismo-antirazzismo è solo crocevia per un tema più ampio, quello del ‘politicamente corretto’. (…). Io ho posizioni simili a quelli di Millet tanto che avrei usato un titolo ancor più perentorio : invece di ‘terrore letterario’, avrei utilizzato ‘terrore sociale’. Perché il politicamente corretto provoca terrore sociale e chi non si genuflette ad esso subisce accuse di intolleranza, sessismo, razzismo, omofobia.

Il politicamente corretto è nemico del buon senso; e siccome ritengo che il buon senso sia tra i fondamenti della politica, il politicamente corretto è nemico della buona politica. (…).

Sono convinto che il nostro sia un mondo talmente interrelato dove tutti siamo coautori del disastro; registi di una enorme sinfonia pervasa dal pensiero unico che tutto avvolge e ammanta. Non è infatti prerogativa di una parte; esso è infatti una miscela incestuosa tra la destra più spregiudicata che esalta il capitalismo finanziario e la sinistra dei diritti civili; tra chi precarizza il lavoro e chi relativizzai valori. (…).

Millet dice che non è solo un atteggiamento, una questione di stile o di forma. Ed ha ragione perché siamo di fronte ad una vera e propria costruzione ideologica. (…). Non si tratta più solo di conformismi lessicali, di un linguaggio sempre più camuffato che ci fa dire ‘verticalmente svantaggiato’ invece di ‘basso di statura’, ‘persona anziana’ al posto di ‘vecchio’ o ‘crossdresser’ per ‘travestito’. O che ci zittisce quando ad un ‘ In bocca al lupo’ evitiamo di rispondere con ‘Crepi il lupo’ per timore di irritare gli animalisti. (…).

C’è qualcosa di più potente e profondo del lessico che penetra le coscienze e a volte sembra sfuggirci. Ma il linguaggio muta in superficie quando già è mutato qualcosa in profondità dato che c’è una logica chiara. Come tutte le ideologie, anche il politicamente corretto, tenta di disinnescare qualunque contraddittorio che, invece, dovrebbe essere piattaforma in cui esercitare ogni autonomia di pensierosgarbi>>.

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