Mussolini e l’estate dei morti viventi.
Questa estate gravata dalla calura e grondante di barconi che preannunziano l’invasione prossima ventura, sarà pure ricordata come quella dei ‘morti viventi’. Quella nella quale saranno riesumati i defunti del 1945: da Mussolini ai gerarchi di Salò fino ai ‘Padri della Patria’ …tutti fuori dalle tombe utili a tempestare di noiosi déjà vu le nostre giornate.
Priorità nel dibattito pubblico saranno lunghe sedute parlamentari per mettere a punto codicilli e commi da cui poter poi prendere spunto per legiferare su un reato inafferrabile e fantomatico quale ”l’apologia del fascismo”. Frutto acidulo di una antica e sempre riproposta tragicommedia che riassicurerà alle nostre serate un minimo di brio in vista di qualche altro tormentone in grado poi di farci scavallare anche l’inverno, e così via, in un supplizio senza fine.
E così disquisiremo di un tizio che sfoggia nel suo stabilimento balneare gagliardetti e frasi del ventennio; oppure di quell’altro che si è fatto un selfie in posa marziale e petto villoso; o dell’altro ancora che, sui social, cita la solita frase di Evola o Almirante e a supporto si incornicia a latere col suo saluto romano.
Fatto salvo il folklore e la superficialità che si desume da tante testimonianze di machismo internettiano, da foto, simboli e armamentario vario, come si può concepire che un tema così marginale possa – ancora oggi – entrare a pieno titolo nel dibattito pubblico, investendo con virulenza e tossicità parlamento e partiti? Come è possibile che vengano tirate fuori vecchie parole d’ordine e paventati pericoli per la democrazia?
In una ipotetica scala da uno a cento che tenesse conto delle necessità dei cittadini italiani questa vicenda sarebbe ben oltre il centesimo posto. Lo sanno tutti. E allora come è possibile tutto questo? Come ci salta in mente di discutere del ‘nulla’?
Una risposta forse c’è, ed è quella più banale: la grancassa mediatica suona forte perché quando il pasto è succulento, chi arriva prima ne può trangugiare la parte più sostanziosa. Fare perno sulla ideologia, tentando di scovare i fascisti del terzo millennio e magari qualche nostalgico fuori tempo massimo, può rappresentare la medaglia che il ‘buon democratico’ deve sempre appuntarsi al petto per ostentarla poi ai suoi sodali. Perché solo in questo modo un antifascismo che tende a riesumare dei morti (perché – sappiatelo – il fascismo è morto e sepolto con Mussolini!) si può ritemprare di apparente energia vitale.
D’altra parte vanno avanti così, grazie ad un metodo sperimentato per 70anni. L’antifascismo è infatti tra tutte le professioni quella più remunerativa. Lo diceva Flaiano, e poi Longanesi, e poi ancora Prezzolini il quale sempre andava sostenendo che <<in Italia non c’è stata una rivoluzione antifascista. Gli antifascisti hanno vinto mediante le bombe americane e inglesi, e le truppe negro-brasilio-polacche. Se non ci fosse stato l’esercito alleato, mai gli antifascisti avrebbero fatto cadere Mussolini. E, se Mussolini non avesse fatto la sciocchezza di dichiarare la guerra, oggi avrebbe un monumento a Times Square>>. Ma tali considerazioni vanno ribadite in gran segreto perché derivanti da verità fattuali che attengono alla Storia, argomento che loro non conoscono. Infatti, pur avendola scritta e riscritta a piacimento, non la conoscono.
Essi sono ancora fermi alla religione laica dell’antifascismo in assenza di fascismo e a parole d’ordine trite e ritrite e, di conseguenza, impongono a tutti gli altri di conformarsi nei giudizi finali.
In realtà, i democratici del terzo millennio assurgono a metafora tutta italiana di quella petrarchesca devianza che porta ad esaminare solo il ‘particulare’ e da qui trarre considerazioni di carattere ‘universale’. E perciò possono far passare l’idea che se un tizio fa il saluto romano in Valle d’Aosta, tale accadimento possa scatenare in tutta la penisola frotte di architetti e urbanisti pronti a collocare fasci littori sui frontoni di ogni edificio pubblico e amministratori locali a cantare ‘faccetta nera’ tenendo al contempo ben stretti per i testicoli gli immigrati appena sbarcati.
Ma non è così, e lo sanno!
Mentono spudoratamente sul fronte storiografico perché sanno bene di aver falsificato i fatti del passato a uso e consumo di quella ideologia comunista che ha paralizzato i processi culturali del nostro Paese.
Ma mentono senza ritegno quando strumentalizzano episodi spesso legati al folklore e profetizzano eventuali rigurgiti totalitari. Mentono perché sanno bene che, in questo tempo misero, la dittatura è quella tecnocratica, è quella del capitalismo finanziario, quella degli speculatori, dei burocrati di Bruxelles, delle banche che ‘saltano’ dalla sera alla mattina lasciando sul lastrico migliaia di risparmiatori, delle multinazionali che utilizzano le delocalizzazioni per licenziare; quella che confonde la bioetica con l’eugenetica, la libertà di scelta con l’anarchia, il folklore con la tirannia.