Pochi, come Pierre Drieu La Rochelle, sono riusciti a fondere decadenza ed energia, finzione e realtà, morte e pulsioni vitali, e a rappresentare tutto ciò con terrificante sincerità. La sua stessa vita è stata un florilegio di profondi e comprensibili contrasti, marchiati però, alla fine, dalla decisione risolutiva del suicidio, a riprova che certi nodi non era più possibile scioglierli.

La pubblicazione da parte delle edizioni Gog di Una donna alla finestra (p.240, euro 14) ci solleva da ulteriori investigazioni nella sua intensa eppur breve produzione letteraria. In questo romanzo, poco conosciuto, perché come per tutti i suoi scritti è calata la mannaia della ‘corretta politica’, ogni metafora precedentemente utilizzata diventa stigma del suo stile letterario e di vita.

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Ve ne fu una trasposizione filmica a metà degli anni Settanta con un buon successo di pubblico e la partecipazione di attori importanti come Romi Schneider e Philippe Noieret. Un discreto film ma la pagina scritta assorbe e proietta quanto di meglio la fantasia creatrice, i tormenti interiori e le passioni umane e politiche di Drieu, potevano e possono offrire.

Una vicenda che sembra ridipinta con quelle fosche tonalità delle storielle classicheggianti perse tra amori, tradimenti e cronaca politica, destinata poi a perdersi in finali più o meno stirati e all’interno di modalità consuete e prevedibili. E invece, come dicevamo, una scrittura ‘faticata’ nel senso di elaborata, così come quella dei romanzieri ottocenteschi, e una lettura stratificata e a più piani interpretativi, fa di questo romanzo un coacervo di intuizioni, di folgorazioni e presagi, di bruciante desiderio e di infiacchito scoramento.

Forse non conta solo la storia di Margot col suo amante comunista e il suo ‘distratto’ marito borghese. O meglio, non conta se non corroborata dal contesto generale, da quella Atene immutabile eppur sinuosa e ammaliante degli anni Venti che, infatti, si prepara a grandi rivolgimenti ma che comunque è fiera di attestarsi simbolicamente su quei lastroni di marmo, a riprova di una millenaria cultura che quasi vigila e impone propri codici anche alle singole vite.

Tutto sul filo di una misurata eccentricità dove Margot, la giovane donna francese, che ha sposato Rico Santorini, un marchese che lavora all’ambasciata italiana, si invaghisce di Michel Boutros, un comunista francese che, scappando dalla polizia, si rifugia nella camera d’albergo della signora la quale lo protegge e poi diventa sua complice.

In quella città che, mai come in quel tempo, fu crocevia di traffici e relazioni, si staglia come un marchio indelebile la irrinunciabilità della Storia, della classicità e di quella sponda del Mediterraneo. Quell’Atene, brulicante di personaggi di varia e dubbia natura, non solo fa da scenario ma corrode e impregna gli animi di ognuno. Delfi, gli oracoli, i templi, il mare solcato dalle leggende e dai miti, il Partenone, ogni cosa insomma, impone la sua centralità, rammentando a tutti che l’eterno si sfibra nel quotidiano e viceversa. E la vicenda di questo triangolo amoroso che si fonda con le passioni politiche risente, e quasi è messo in disparte, da una scenografia gravida di sapori, profumi, filosofie e bellezza che sta sfiorendo. E seppur le storie dei vari personaggi restino centrali e affondino la lama delle incomprensioni con una sagacia senza pari, a far risaltare il tutto è sempre e solo il contesto.

Capita spesso (quasi sempre) che gli scrittori disegnino scenografie dettagliate per meglio inquadrare le vicende e i propri personaggi. Grandi città hanno fatto da sfondo a storie memorabili che hanno segnato la letteratura più importante ma, in questo caso, i soggetti in questione  subiscono indirettamente un ambiente che non è solo una strada, una via, un paesaggio ma addirittura un passato pervadente perché fondativo della nostra civiltà. E quella Grecia, al crocevia di una svolta, persa tra antichi fasti e la decadenza, tra gli aneliti di una incipiente modernità e il rischio di una consolidamento di forme politiche oppressive, disegna con queste sue contraddizioni anche quelle di una storia privata sempre in bilico tra passione erotica e politica, regole del mondo borghese e sfrontatezza liberatoria e a tratti aristocratica di taluni personaggi.

Drieu La Rochelle non si perde in tutto questo marasma. Anzi, con lo scorrere delle pagine ci rendiamo sempre più conto che l’intento era chiaro sin dall’inizio: fondere cultura e vita, e confondere il lettore lasciandolo attonito tra una vicenda personale, una politica e una relativa al microcosmo (che è macrocosmo!) della cultura greca. Quei sapori appena accennati e quelle diverse personalità che si scontrano e si incontrano in maniera ripetuta e caotica sono il lato intimo ma visibile di Drieu il quale, nella vita, è tutto questo. Un uomo che può riconoscersi in quel ribelle comunista e in cui c’è parte della sua storia, così come in quella borghesia adagiatasi su un terreno friabile che nemmeno più sa dominare, oppure nella decadente eppur viva e irrinunciabile Atene, pronta a sciogliersi nell’incrocio tra il nuovo e l’antico, tra il proibito e il consuetudinario.

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