La Resistenza fu il prodotto di una congiuntura che viene a crearsi con il disfacimento non solo del regime fascista ma anche dell’istituzione monarchica.

La scomparsa di entrambi lascia campo libero ad un composito schieramento nel quale era preponderante la presenza comunista che riuscì a saldare i concetti antitetici di democrazia e libertà con quelli di comunismo e lotta di classe.

Da piccola, seppur importante base di supporto e di sostegno per le truppe alleate e di opposizione ideologica a quel poco che restava del fascismo, la religione laica dell’antifascismo si trasforma in pochissimo tempo in una idea mitopoietica dai tratti piramidali da cui tutto discende e in cui tutto è spiegabile.

Un’egemonia che si dipana in fretta, in un intreccio di elementi razionali e passionali che, se da un lato tenta di sminuire la enorme efficacia del potenziale militare alleato che fu la vera (ed unica) causa della vittoria, dall’altro non riconosce quello che era sotto gli occhi di tutti e cioè che il conseguente disfacimento del fascismo (una volta esautorato Mussolini) non dipese dalla guerra civile ma dalla disparità delle forze messe in campo.

Per il resto, un impianto costruito quasi interamente sulla pregiudiziale antifascista che porta alla consequenziale eliminazione della dialettica politico-culturale e alla configurazione del “nemico di destra” in tutte le sue variabili: democratiche, liberali, cattoliche, conservatrici.

Questa non larvata forma di coazione morale e la conseguente teorizzazione culturale si trascinano tuttora, (…), tanto che Prezzolini non riscontrando in esse alcun fondamento di legittimità, le reputerà, già nel 1943, soluzioni meramente artificiali: «Coloro che sognano di ricominciare dal passato sono mitofagi, come gli antifascisti fuoriusciti, che non sanno dire una parola che mostri di capire che le soluzioni del futuro saranno profondamente differenti da quelle presenti. Minacciano, se vincono di essere oltrepassati»

Brano tratto da Giuseppe Prezzolini. Una voce contro il pensiero unico (Historica, p.147)

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