Di seguito, il testo dell’intervista con Anna Tortora (Il Monito) sul volume collettaneo  Roger Scruton. Vita, opere e pensiero di un conservatore che ho curato insieme a Gennaro Malgieri.

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Il conservatore si affida alla tradizione cui appartiene, ma può essere anche un riformista non rivoluzionario?

L’idea del “conservare” è legata a qualcosa di profondo, oserei dire di genetico, che si associa alla natura umana. Non so se sia una dottrina pronta per l’uso, quindi capace di essere calata in ogni contesto sociale senza mai subire modifiche o variazioni. La filosofia politica va sempre cucita addosso ad una realtà specifica e non esistono ricette miracolose. Scruton era tuttavia convinto che il conservatorismo fosse il tentativo di non perdere l’essenziale, vale a dire di riconnettersi ad un’eredità e al tempo stesso trascenderla grazie ad un constante rinnovamento. Proprio in tal senso, cioè tenendo presente queste due diverse note, paiono utili le parole di Arthur Moeller van den Bruck che sembrano dare una risposta al quesito: «Chi non pensa che lo scopo dell’esistenza si realizzi nel breve istante, nel momento, nel tempo dell’esistenza stessa è un conservatore».

Scruton aveva più volte parlato del pericolo della “cancel culture”.

La “cancel culture” e le varie amenità che discendono da essa non sono un fenomeno nuovo, ma ora sono più pericolose del passato perché veicolate e sostenute dai moderni mezzi di comunicazione e dal mainstream. All’inizio degli anni ’80, Scruton fu espulso dall’università per aver espresso opinioni in dissenso con quelle della maggioranza dei suoi colleghi e degli intellettuali più in voga. Fu accusato di razzismo e fascismo e minacciato di aggressione fisica. Sin da allora ha combattuto questo conformismo che lui definiva però in altro modo: “cultura del ripudio”. Metteva infatti in primo piano il concetto di ripudio rispetto a quello della cancellazione. Dava cioè una priorità all’idea peregrina ma ormai prevalente del rifiuto della propria identità che era ed è premessa per ogni altro disordine.

Il suo lavoro si concentrò anche sulla riscoperta del valore fondamentale della bellezza. Me ne parli?

Forse, proprio su questo tema convergono le tesi più importanti del suo pensiero. Se leggiamo i suoi scritti sul tema della bellezza comprendiamo gran parte dei posizionamenti e delle scelte di Scruton. Deriva tutto da lì. Non smise infatti mai di ricordarci che quando l’uomo smette di percepire «il mondo come casa» e abbandona il sentimento estetico perde l’armonia con gli altri e col creato. La bellezza è, infatti, per Scruton un valore reale e universale e non un punto di vista personale: «L’esperienza della bellezza ci guida lungo questa strada: ci dice che noi siamo a casa in questo mondo, che il mondo è già ordinato nelle nostre percezioni come un luogo adatto alle nostre esistenze di esseri fatti così come noi siamo fatti». Dunque, la bellezza è un valore che viene da lontano. Ci deriva dai Padri della nostra civiltà, dai Greci e dai Romani, dalla tradizione cristiana, e poi ancora oltre. Ma è anche un valore che possiamo scoprire nelle esperienze di vita quotidiana. Nelle cose apparentemente più banali come bere del buon vino o apparecchiare una tavola per una cena formale in famiglia: «Voi apparecchiate la tavola con una tovaglia ricamata e pulita, sistemate i piatti, i bicchieri, il pane nel cestino, qualche caraffa di acqua e di vino. Lo fate amorevolmente, dilettandovi di quella vista, sforzandovi per ottenere un effetto di pulizia, di semplicità, di simmetria e di calore. La tavola è divenuta così un simbolo del ritorno a casa, delle braccia aperte della madre di tutti che invita i propri figli ad entrare. E tutta questa abbondanza di significato e di buono spirito è in qualche modo contenuto nell’aspetto che ha assunto la tavola. Anche questa è una esperienza di bellezza. Ed è una di quelle che incontriamo, in una versione o in un’altra, ogni giorno delle nostre vite. Siamo creature bisognose, e il nostro bisogno maggiore è quello di casa: il luogo in cui siamo, dove troviamo protezione e amore».

 

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