Emanuele Ricucci ci ha abituati alla figura del pamphlettista brillante, diretto e irriverente, capace di colpire senza mezzi termini ideologie e costumi di un tempo sfaldato come il nostro. Con il suo ultimo libro, Rivoluzionarie (Edizioni Archeoares, p.120), ha però intrapreso un percorso più intimo e profondo, dedicato a figure femminili straordinarie. Pur cambiando campo d’azione, mantiene però intatto il tratto valoriale che caratterizza tutte le sue opere. In questa occasione, non si limita a tracciare i contorni biografici delle protagoniste — che non restano sullo sfondo come cornice — ma le rilegge con uno sguardo originale, restituendo loro una voce che sfida il tempo e i cliché.

Le donne raccontate da Ricucci sono figure molto diverse fra loro — tra le altre anche una filosofa, una musicista, una pittrice—tratteggiate come protagoniste rivoluzionarie del loro tempo. Alcune, come Matilde Serao (giornalista, scrittrice e imprenditrice, fondatrice dei giornali Il Mattino e Il Giorno), sono familiari al lettore; altre, provenienti da epoche più lontane, risuonano con nomi forse dimenticati come Marzia degli Ubaldini (comandante di eserciti), Anna Maria Luisa de’ Medici (ultima discendente dei Medici, custode del patrimonio artistico della sua famiglia), Elena Lucrezia Cornaro Piscopia (prima donna laureata al mondo, sebbene la questione resti controversa), Properzia de’ Rossi (scultrice e intagliatrice), Francesca Caccini (compositrice e soprano), Sofonisba Anguissola (pittrice rinascimentale di fama internazionale).

Ogni donna, più che un personaggio storico da analizzare nei suoi pregi e difetti, diventa una presenza viva, capace di parlare ancora al cuore del lettore. Il libro appare inizialmente come un omaggio, ma ben presto si rivela una riscoperta profonda, un atto maieutico che cerca di far emergere significati che vanno oltre una semplice rivendicazione femminista. Ricucci ci invita a guardare oltre il velo del politicamente corretto, che troppo spesso svuota i discorsi sui diritti delle donne e, invece di demolirli alla radice, crea ulteriori compartimenti stagni e divisioni.

Le protagoniste non hanno avuto bisogno di slogan. Hanno vissuto, scelto, lottato in contesti storici difficili e in epoche ostili alla libertà. Eppure, proprio in quei momenti, hanno affermato la propria individualità con forza, lasciando un’impronta indelebile nella cultura, nella società e nella memoria collettiva. Non erano eroine da copertina — molte di loro sono oggi poco conosciute — ma donne vere, complesse e spesso inascoltate. Ricucci le riporta al centro, con uno stile appassionato e privo di retorica.

Il risultato è un ritratto corale sorprendente, capace di ispirare riflessione e ammirazione per questi percorsi di vita dove il passato diventa presente e il femminile emerge come forza generatrice, in grado di orientare il futuro. Un libro che è insieme memoria, atto politico e gesto d’amore perché le donne di cui Ricucci racconta la storia non solo hanno sfidato le convenzioni sociali, ma hanno anche avuto la forza di emergere nei loro rispettivi ambiti, dimostrando una rara indipendenza. La loro capacità di convivere con le difficoltà dell’epoca, senza piegarsi ai limiti imposti dalla società, è una testimonianza straordinaria di forza e determinazione, molto prima che questi concetti venissero inglobati dalla rigidità della ideologia neofemminista. Sebbene le loro attività fossero non di rado considerate fuori dai canoni, sono riuscite a conquistare il loro spazio, rompendo le aspettative del loro tempo.

Ha senso, allora, tornare indietro nel tempo alla ricerca di storie dimenticate, che nulla hanno a che fare con le problematiche attuali? Credo di sì. Oggi siamo spesso accusati di mancare di memoria storica e di non riconoscere la responsabilità di ciò che è stato costruito nei secoli. In questo senso, la riflessione proposta da Ricucci è particolarmente rilevante. Non si tratta solo di raccontare singole vicende, ma di trarre uno spunto prezioso da queste esperienze.

Le relazioni che queste donne hanno avuto con il loro contesto sociale e storico derivano da sensibilità individuali e aspirazioni libere da retroterra ideologico. La lotta per emergere da condizioni di minorità, pur mutando a seconda del luogo e dell’epoca, è un tema universale. Il loro approccio, lontano da ogni retorica ideologica, ci arricchisce e ci aiuta a comprendere meglio il presente, senza ridurre l’uomo a un avversario da schiacciare.

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