La “pratica” dell’aborto è già messa da parte, sbrigata come ogni altra faccenduola di bassa cucina politica. Pochi giorni dalla sentenza Usa e dalle nostre parti è infatti ripartito l’abituale teatrino.

Tutto ciò accade perché sulle questioni “fondanti” i cosiddetti partiti cattolici, conservatori, di destra, populisti, identitari (… trovi il lettore la formula che più lo aggrada!)  hanno poca voglia di metterci mano; cincischiano, fanno melina, fingono di accalorarsi ma, alla fine, una vera e propria battaglia non sono capaci di affrontarla. E quando parlo di battaglia… parlo di battaglia campale, di scontro culturale e concettuale intenso e veemente, non di qualche slogan lanciato nei venti/trenta secondi di un talkshow televisivo. Lasciano nell’agone dialettico e nello scontro politico le associazioni, i movimenti, alcuni settori più vitali della Chiesa (altri invece cincischiano o sono addirittura silenti) ma poi preferiscono che la polemica lentamente si dissolva e si passi ad una navigazione con mare calmo.

Accade ciò perché ci sono in gioco milioni di voti di chi, pur non votando partiti di sinistra, considera tale “pratica” come “avanzata”; simbolo di una società progredita e civile a cui non si può rinunciare. Intestarsi una simile battaglia e portarla fino in fondo condurrebbe all’isolamento civile ancor prima che politico. Accodarsi al “senso comune” significa rischiare poco o nulla e navigare, appunto, nel mare calmo.

Accade ciò perché intorno al tema aleggia, e in forme sempre più oppressive, una plumbea copertura ideologica che è quella ridefinibile dalla struttura liberal-capitalistica nella quale siamo immersi e che rende tutto comprensibile solo all’interno di un contesto in cui siano chiari l’utile e l’inutile, il produttivo e lo svantaggioso, ciò che serve e ciò che è uno scarto.

Accade ciò perché siamo di fronte ad un principio considerato “non negoziabile” che la quasi totalità delle persone ritiene debba essere circoscritto – e quindi si concluda e si compia interamente – nell’ambito del “femminile”; e, di conseguenza, estromettendo financo dal puro e semplice dibattito il padre, la famiglia, la comunità e ogni altro elemento “spurio”.

Accade ciò perché è diventato pressocché inutile far presente che “l’interruzione di gravidanza” è cancellazione di una vita… eliminazione di una vita.

Accade ciò perché nessuno è capace di avvertire la distonia tra una costruzione teorico-ideale che da una parte sostiene la pace – «perché anche un solo uomo morto significa aver ucciso l’umanità intera» -, e dall’altra vanta certezze irrevocabili su una simile “pratica” che invece va nella direzione opposta.

Accade ciò perché è passata l’idea che i “diritti della donna” valgono cento e quelli del nascituro zero… nascituro che non è mai soggetto di diritti.

Accade ciò perché l’autodeterminazione e la libertà assoluta hanno ormai più senso e valore di una esistenza che sta per affacciarsi al mondo.

E infine, accade ciò – e nessuno vuole ammetterlo (e lo ammetterà mai… pena il cannoneggiamento del nostro sistema sin dalle fondamenta) – perché la soverchiante logica mercantilista e utilitarista stabilisce che gli scarti vanno eliminati.

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