Cari parlamentari…
Cari onorevoli,
in questi giorni affronterete la questione delle “cure compassionevoli”, state per modificare una legge importante (la Fazio Turco del 2006) che prevede l’uso di farmaci al di fuori delle sperimentazioni cliniche.
È questa la legge che ha permesso a diverse persone colpite da malattie neurodegenerative (tutte senza cure) di ricevere negli ospedali il metodo Stamina – iniezioni di cellule staminali mesenchimali da donatore – anche se la terapia non è ancora stata sperimentata.
Da mesi, i bambini che hanno fatto le iniezioni di staminali mesenchimali hanno mostrato miglioramenti importanti: Sofia, malata di leucodistrofia metacromatica, vomitava sempre e ora non vomita più. Smeralda, in coma dalla nascita perché colpita da anossia (la mancanza di sangue al cervello) ha potuto respirare, per quattro giorni interi, senza ventilatore. Hanno avuto miglioramenti anche Federico (morbo di Krabbe), Celeste con atrofia muscolare spinale, Daniele affetto da Niemann Pick.
Sono tutte sindromi gravi, degenerative e senza rimedio.
Certamente la “guarigione” è un’altra cosa, qui sono migliorati soltanto i sintomi. Ma la qualità della vita è fatta anche di dettagli, dal non vomitare o dal respirare o mangiare senza macchine.
Cari parlamentari, questi bambini sono vivi e orfani di terapia, a loro la medicina ufficiale non offre nulla: è giusto privarli dell’unica boccata di ossigeno?
Sopratutto guardando quanto si preoccupa il nostro Stato del testamento biologico. Perché alcuni Comuni stanno raccogliendo le nostre volontà per quando non saremo più in grado di intendere e volere? È più importante il momento della morte (la dolce morte rispetto all’eventuale accanimento terapeutico) della vita?
Il compito che vi spetta in questi giorni è assai delicato. “Ci vogliono sperimentazioni scientifiche e riproducibili per capire se la cura effettivamente funziona e poterla garantire a tutti i bambini del mondo” dicono gli esperti. Da quelli di Telethon al professor Paolo Bianco, docente di Anatomia patologica, al direttore del centro Trapianti, Alessandro Nanni Costa.
Però chi ha importato il metodo Stamina in Italia, Davide Vannoni, professore di Scienze cognitive e Marino Andolina, chirurgo pediatra di Trieste, è felicissimo che si arrivi a sperimentare questa cura e disposto a collaborare.
Il lato oscuro della vicenda è un altro: perché prima l’Aifa ha autorizzato le cure compassionevoli agli Spedali di Brescia e poi le ha vietate? Da qui sono partiti i Nas che – secondo quanto riferisce Marino Andolina (nei suoi resoconti cita nomi e luoghi, è facile verificare quello che dice) hanno prelevato un’ampolla di midollo dicendo che era di ‘cellule staminali inquinate’.
A guardarla così, la vicenda appare intricata e misteriosa, bisogna evitare però di cadere nel tranello di chi confonde le acque o di farne una becera guerra tra fazioni perché questa è una questione di vita.
Sulla sperimentazione scientifica di Stamina sono tutti d’accordo, Nanni Costa ha pure promesso “tempi brevi”.
I due piani però restino distinti, da un lato proceda il lavoro di validazione scientifica (universale), dall’altro si mantengano le terapie compassionevoli (particolari) per migliorare la qualità della vita di bambini sfortunati e sofferenti, tanto più che fra qualche anno i dati dei piccoli curati oggi saranno utili anche alla scienza.
C’è un’altra sirena da cui occorre guardarsi, suona così: “Non possiamo autorizzare tutte le terapie compassionevoli, altrimenti domani arriva il tizio con l’olio di serpente e pretende di testarlo su una malattia senza cura”. Certo che questo non si deve fare, infatti l’olio di serpente non c’è (e l’Aifa certifica sempre anche una cura compassionevole): qui c’è un trapianto di cellule che migliora i disturbi ai bambini senza cura.
Qual’è la prova? I bambini.
Dov’è finito il medico che prende atto dell’evidenza? Che tasta, ascolta e si accorge dei miglioramenti? La medicina è anche un accorgersi e un prendere atto.
Cari parlamentari,
non toglieteci la speranza. La speranza non è una percentuale, è l’ ultima dea. Lo dicevano gli antichi, lo racconta bene il mito di Pandora. La speranza è tensione, è come la fede: si crede perché non si ha alcuna certezza. Se l’esistenza di Dio fosse un caposaldo scientifico non ci sarebbe bisogno della fede, allo stesso modo se per questi bimbi ci fosse una cura certa non ci sarebbe bisogno di sperare.
Lasciateci la legge sulle terapie compassionevoli, anche questa è speranza.