Leggete qui. È l’articolo che Elena Cattaneo, la ricercatrice dell’università di Milano nominata senatrice a vita da Napolitano, ha scritto su la Stampa contro Camillo Ricordi, il direttore del centro Trapianti e dell’istituto di ricerca sul diabete di Miami, “colpevole” di volere analizzare nel suo centro in Florida le staminali del metodo Stamina.

Fantasiosa e astiosa.

Cattaneo scrive che “Ricordi si lascia andare con la fantasia, facendo danni in Italia” quando dice che “se le staminali mesenchimali non diventano neuroni in vitro possono sempre diventarlo in vivo”. E parte lei per un viaggio tra le nuvole in compagnia di cammelli volanti e stelle alpine per distogliere l’attenzione dal nocciolo della questione. Come quando diceva “non tocca a me andare a casa delle famiglie con bambini malati”, e invece le sarebbe toccato di fare proprio quello, esaminare almeno una cartella prima e dopo le infusioni.

Che le staminali mesenchimali, opportunamente trattate con fattori di crescita in laboratorio (IGF, cortisone, insulina o siero bovino), rivelino i presupposti per diventare in seguito neuroni lo stanno affermando gli scienziati che se ne occupano (non si trasformano in cellule cerebrali in vitro perchè altrimenti si parlerebbe di trapianti ma, una volta iniettate, possono seguire l’indirizzo dato loro in laboratorio). Dal neurologo Gianni Pezzoli che al Policlinico di Milano sta conducendo una sperimentazione sulla Paralisi sovra nucleare progressiva a Eugenio Parati dell’istituto Besta che ricava le staminali adulte dal grasso peri-ombelicale. Su questo tipo di cellule ci sono tantissimi studi. Si legga il recente lavoro pubblicato su Nature. Eccolo.

La senatrice Cattaneo vorrebbe far credere ai lettori che la professionalità del professore di Miami stia racchiusa in due posizioni “in vitro no” in “vivo sì” dandogli dell’incompetente. Non riportiamo le frasi a cui è ricorsa per giudicarlo (ma che voi potete leggere) perché amiamo l’educazione. Ma siccome Ricordi lo abbiamo intervistato e, come noi, lo hanno interpellato anche altri colleghi (metterà a disposizione il suo laboratorio in Florida “per testare vitalità e potenzialità di queste cellule” e dice frasi come “sono favorevole a rigorosi test scientifici ogni volta che clinici esperti riscontrino risultati incoraggianti con un nuovo trattamento anche se i meccanismi precisi non sono ancora noti. Lo dobbiamo ai pazienti, alle loro famiglie e alla comunità scientifica”)
ecco che l’articolo della Cattaneo brilla per quello è: l’opinione di una persona astiosa.

Oltre l’astio.

La cronaca, ma anche la vita, ci insegna che quanto più l’acredine vola alto (come i cammelli immaginati) tanto più si è coinvolti nell’interesse da proteggere.

Tolta la falsa questione vivo-vitro, cosa resta? Che si sta avvicinando il momento della verifica delle cellule Stamina. “Ricordi dichiarò di aver visto risultati – scrive ironica la Cattaneo – cosa aveva visto di grazia allora?”

E qui casca il cammello. Vietato osservare miglioramenti sui malati in carne ed ossa, sono tutte suggestioni. O topi, o niente. Il peccato di Vannoni non è quello di usare le staminali mesenchimali che, ben lavorate, funzionano in tutto il mondo e – pare – pure meglio delle embrionali che sponsorizza la Cattaneo. È quello di non aver fatto la trafila del metodo scientifico di approvazione dei farmaci. Di aver saltato la fase 1 (prove su linee cellulari), la fase 2 (test su cavie), di non impostare una fase tre (sull’uomo) trattando una sola malattia e quattro pazienti in croce con sintomi pressoché inesistenti.

Vannoni, che pure ha portato Stamina in un ospedale pubblico alla luce del sole (e senza camice bianco) grazie a una legge dello Stato (terapie compassionevoli, Turco-Fazio 2006) va tolto dai piedi ad ogni costo. E pazienza se i malati migliorano con quelle cure, se finora non c’è stato nemmeno un effetto collaterale, se i magistrati intravedono ingiustizie e impongono le infusioni, queste sono le allucinazioni dei parenti emotivamente coinvolti (scienza dixit).

E pazienza se in mezzo ci scappano le offese a un fior di professore indipendente che farà l’unica cosa degna di essere fatta: dare una risposta certe a centinaia di malati, senza cura e abbandonati al loro destino.

Il benefattore.

Fortunatamente il Cattaneo-pensiero non coincide con il pensiero-unico. La notizia di oggi è quella che un benefattore ha deciso di finanziare i test sulle cellule a Miami dopo aver conosciuto i genitori di Sofia. Si chiama Andrea Piazzola, è un manager romano, collaboratore di Gina Lollobrigida e coprirà tutte le spese delle analisi, 20mila euro. “Ho capito l’importanza di una partita che si gioca sulla pelle di tanti, sono coinvolti troppi bimbi innocenti – ha detto Piazzola – così ho approfondito l’argomento, confrontandomi con diversi specialisti mondiali spinto anche dalla necessità di curare una malattia alle ossa che mi provoca molti disagi”. La notizia è apparsa sul sito dell’associazione onlus “Voa Voa – amici di Sofia”.



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