Attualmente l’unica terapia indispensabile e insostituibile per la cura della sua patologia tumorale è il multitrattamento Di Bella…”. Così il collegio giudicante del Tribunale di Catanzaro, con l’ordinanza 1396, garantisce a Aldo Bencivenni, 61 anni, che gli sia rimborsata la cura Di Bella dal Sistema sanitario. A vita.

Dopo svariati anni di sentenze della Cassazione propense a rifiutare questo risarcimento ai malati, ecco un tribunale che si esprime a favore.  La ‘discussa’ terapia anti tumorale fu studiata e applicata dal professor Luigi Di Bella a partire dagli anni ‘70 e richiesta a furor di popolo dai malati – specie da chi non vedeva risultati con le terapie ufficiali – tant’è che lo Stato italiano decise di sperimentarla nel 1998 per sei mesi, al termine dei quali la valutò inefficace.

Le sentenze a favore del rimborso della terapia sono sempre state altalenanti, o meglio: a macchia di leopardo (giudice che vai speranza che trovi), fino a quando la linea giurisprudenziale non si è eretta compatta “contro”. Contro i malati e il loro diritto a scegliere come curarsi – al punto che oggi è ampiamente accettato che questo diritto non esista – ; contro i malati e il loro diritto di sperare fino all’ultimo: che fare quando chemio, radioterapia e anticorpi non funzionano? Già, è lecito consumare oppioidi, perfino chiedere l’eutanasia, ma non sperare in una terapia alternativa…

E veniamo all’oggi. Prima di spiegare come mai il tribunale del lavoro Catanzaro sia arrivato a una decisione così eclatante (l’ordinanza non è impugnabile), due parole sul protagonista.

Aldo Bencivenni risiede a Davoli, in provincia di Catanzaro. A 58 anni scopre di avere un tumore alla coda del pancreas avanzato, con “multiple metastasi al fegato”. La diagnosi è del febbraio 2017. Bencivenni affronta la sedute di chemioterapia cercando di dimenticare la prognosi infausta: i medici si sono mostrati subito pessimisti. Ma tentar non nuoce. Dal 23 marzo al 31 maggio, sopportando il susseguirsi dei malesseri, Aldo si presenta a tutte le sedute di chemioterapia. A giugno però la doccia gelata, il tumore non è stato nemmeno scalfito (“la massa tumorale non subiva alcuna diminuzione di volume ed anzi la patologia veniva certificata grave dalla commissione medico-legale ASP Catanzaro” si legge nell’ordinanza). I medici concludono che il “tumore è incurabile” e che è “da stabilizzare”.

Ma a giugno inizia anche il cammino che porterà Aldo alla remissione: comincia la cura Di Bella. Con il passare dei mesi Bencivenni ritrova forze e ottimismo, gli esami periodici lo motivano a proseguire. Piano piano tornano le energie e i valori del sangue si normalizzano. Aldo riprende la sua vita normale di pensionato con la passione per la pesca e per la caccia. Arriviamo al 2020. Tac e Pet in gennaio e in agosto certificano l’assenza di malattia. Assenza completa. Non ci sono più nemmeno le metastasi.

“E pensare che, all’inizio, nemmeno il dottor Giuseppe Di Bella ci aveva creduto – racconta la moglie Teresa – Da lui ci siamo andati subito, dopo la prima seduta di chemioterapia. Aldo insisteva, ricordava la vicenda del professore che aveva entusiasmato l’Italia e diceva che avrebbe voluto curarsi così. Ma quando siamo stati ricevuti a Bologna, in aprile, il dottore ci disse chiaro che la situazione era grave, ci invitò a proseguire con la chemio. Sotto nostra insistenza ci spiegò come avremmo dovuto procedere se avessimo voluto affiancare la cura Di Bella alle terapie in corso e ci diede il nome di un medico siciliano, più vicino a noi.

Andammo a conoscere quel medico, che poi è cugino del dottor Di Bella e si chiama Francesco Calogero. La terapia con lui la iniziammo a giugno, dopo aver concluso senza successo la chemioterapia. Calogero non ci diede false illusioni, ma nemmeno ci tolse la speranza. ‘Proviamo’ ’, si disse. E così, aggrappati al filo del ‘proviamoci’ siamo arrivati qui, mio marito è decisamente un altro. Possiamo dire che è guarito? Per noi sì ma anche per gli esami clinici lo è”.

L’avvocato di Aldo, Gianluca Ottaviano, ricostruisce le tappe che hanno portato a questa ordinanza. “Il giudice di primo grado rigettò il nostro ricorso a settembre rifacendosi a una delle ultime pronunce della Corte di Cassazione, che dice in sintesi che ‘quando una terapia è efficace sul singolo non è giustificato che se ne faccia carico il sistema sanitario’.

Per il reclamo sono partito da qui, dall’efficacia dimostrata su Aldo Bencivenni. Ho ricordato poi che l’esito della sperimentazione è un mero atto amministrativo. E che, come tale non può comprimere un diritto non solo costituzionalmente ma universalmente garantito: quello alla salute e alla vita. La sperimentazione ha stabilito che la terapia Di Bella è inefficace in generale, ma non nel caso singolo. Prova ne è che, a sperimentazione conclusa, lo Stato continuò a rimborsare la terapia Di Bella ad alcuni pazienti, quelli sui quali aveva avuto un effetto benefico”.

Conclude Ottaviano che “un conto è l’interesse legittimo della collettività, un altro il diritto soggettivo che è superiore anche all’interesse legittimo collettivo”.

Così è per i tre giudici del Tribunale di Catanzaro: “Risultate inefficaci le prescrizioni terapeutiche offerte dalla medicina ufficiale, la terapia Di Bella, per Aldo Bencivenni, si è dimostrata indispensabile e non sostituibile”.

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