Se ci troviamo a questo stadio purtroppo è perché non tutti si sono impegnati fino in fondo a fare il loro dovere. E questo riguarda la magistratura, le forze dell’ordine, il giornalismo, noi cittadini e gran parte delle istituzioni. Ma sopratutto la politica che non ha combattuto in modo chirurgico mettendo in campo progetti strutturati e duraturi contro la mafia, Ndrangheta e tutte le associazioni criminali. Molta gente non si fida più perché negli anni molti rappresentanti delle istituzioni non sono stati degni di essere dei veri uomini di stato. L’ ndrangheta sta sul territorio, la politica purtroppo no! Si fa vedere solo 20 giorni prima del voto. E poi sparisce per 5 anni sopratutto nel sud del paese. Ed invece la politica dovrebbe avere il coraggio e la libertà di creare un sistema giudiziario proporzionato alla gravità della situazione italiana in materia di criminalità organizzata. Quindi è urgente cambiare le regole del gioco al punto che non dovrebbe essere più conveniente delinquere per nessuno perché si riuscirebbe così tanto che il gioco non varrebbe la candela. Ogni giorno apprendiamo dagli organi di stampa di continui arresti di persone indagate per mafia, Ndrangheta, camorra ed appartenenti ad altre consorterie mafiose. Bisogna iniziare a capire che questa lotta alla criminalità deve diventare una vera e propria guerra. Ci sono regioni nel nostro paese dove la magistratura, le forze dell’ordine e i cittadini per bene devono ogni mattina alzarsi e sapere che appena fuori di casa sono in guerra e dovranno affrontarla con coraggio perché solo così si riuscirà a sconfiggere quella schifezza dell’Ndrangheta e delle mafie. La gente si preoccupa giustamente del lavoro, ma alle volte non capisce quanto la mafia e l’Ndrangheta impediscano lo sviluppo delle imprese e di conseguenza distruggano l’occupazione. Per cui oltre alla
Politica che non da risposte sul tema dell’occupazione insegnerebbe anche iniziare a protestare rappresentando tutto il nostro sentimento di schifo verso i mafiosi gli ndranghetisti e tutti quei bastardi affiliati alle organizzazioni mafiose. Perché propri loro con i loro metodi criminali portano alla distruzione moltissime aziende sane e di conseguenza distruggono l’occupazione. Si calcola che la presenza della Ndrangheta solo in Calabria incida sulla mancata crescita del pil regionale per circa il 10%. Ma vi rendete conto! Dopo avere dominato da oltre mezzo secolo la Calabria e avere contribuito in maniera determinante alla sua rovina, la ‘ndrangheta calabrese ad esempio non si è fermata. Ha colonizzato Lombardia, Piemonte e Liguria, nel giro di trent’anni o poco più, piegandone le debolissime resistenze, conquistando spazi sempre maggiori nell’economia imprenditoriale e commerciale, forte delle risorse finanziarie accumulate con il traffico di droga ed una serie di altri reati.
Lungo il suo percorso cadono, come birilli, altre regioni come Lazio e Umbria e, ultima, non certo per importanza, l’Emilia-Romagna. Cadono pure le analisi sociologiche che avevano dominato la saggistica in materia, che attribuivano ai governi corrotti delle regioni meridionali la responsabilità del connubio con le organizzazioni mafiose in cambio di voti. Perché questo accade anche sempre più spesso anche al nord.
Si ripete troppo spesso il solito copione: imprenditori e amministratori locali, per incrementare i profitti i primi e per necessità elettorali i secondi, chiudono gli occhi dinanzi alle allettanti offerte di profitti e di voti che vengono elargiti da personaggi con la valigetta dei soldi in una mano e l’esplosivo nell’altra. Non si può tacere dinnanzi a tutto questo schifo. Gli apparati investigativi e magistratura requirente hanno troppo spesso limitato la propria attenzione a vicende prettamente criminali, come guerre di mafia, omicidi, traffico di droga, estorsioni, ma meno spesso hanno tentato di ricostruire la struttura associativa sottostante, i nessi con i poteri locali, le fonti di finanziamento e le pratiche di riciclaggio. Negli ultimi decenni non è più così, per fortuna, perché sia la magistratura e sia le forze dell’ordine hanno affinato molto le strategie investigative sia sotto il punto di vista delle innovazioni in campo tecnico che strategico, ma il punto è capire quanto il processo di penetrazione sia divenuto o meno irreversibile. È comune la valutazione che l’attività repressiva poliziesca e giudiziaria non è sufficiente, da sola, a chiudere una partita che, invece di divenire più agevole con il passare del tempo, diviene sempre più impari per la preponderanza del potere conquistato dalla controparte mafiosa e la moltiplicazione dei luoghi e dei settori nei quali è necessario intervenire. Io Andrea Pasini sono un giovane imprenditore di Trezzano Sul Naviglio e sono sicuro che per combattere realmente questa mafia così potente chiamata Ndrangheta e necessario dare l’idea concreta di un fenomeno che, da regionale si è espanso ed è passato a fenomeno onnipresente nella geografia del Paese e che se tutti anche noi cittadini in prima persona non iniziamo a combatterla e ci avrete il malaffare anche con piccoli quotidiani gesti tra non molto tempo saremo sottomessi da queste infami e schifose realtà criminali.
Né Cosa nostra, né camorra hanno mai manifestato la loro presenza e la loro attività criminale in larga parte del Paese, come è riuscita la ‘ndrangheta, per meriti propri certo, ma per clamorosi demeriti altrui e sopratutto di certe istituzioni, sopratutto della politica.
La situazione è molto grave, e sarebbe ora che di questo si occupassero i nostri governanti è una certa stampa che invece di propinarci le insopportabili chiacchiere della distrazione di massa, dovrebbe concentrarsi nel calibrare attentamente rimedi e riforme, piuttosto che applicare soluzioni apparenti, che al più possono essere utili, ma non valgono certamente a modificare l’attuale stato delle cose. Si leggono proposte che, a prescindere dalla dubbia possibilità che possano essere tradotte in leggi, non vanno nella direzione di un decisivo cambio di passo nella strategia dell’azione di contrasto alla criminalità mafiosa.
Si tratta di misure di portata tattica, utili a snellire i tempi dei processi, facilitare le indagini, aggravare le pene per determinati reati. Si deve puntare ancora di più ad aggredire i beni frutto delle attività criminali azzerare tutte le fonti degli arricchimenti illeciti.
Bisognerebbe porre mano al nostro processo penale, per adeguarci agli standard europei in ordine a garanzie per l’imputato, impugnazioni, effettività della pena. Pensare di sconfiggere un fenomeno mafioso, ma lo stesso potrebbe dirsi per il rinascente pericolo terroristico, affrettando l’informatizzazione del processo o prevedendo notifiche per posta certificata, è solo un modo per rinviare, di poco, il nodo centrale, non ulteriormente eludibile, sulla sorte della nostra società e della nostra democrazia, messe in gravissimo pericolo da organizzazioni criminali irriducibili e aggressive.
Torna in mente l’affermazione, cruda quanto si vuole, ma non distante dalla realtà storica del nostro Paese, che Saverio Lodato ha pronunciato in occasione del ricordo di Giovanni Falcone il 22 maggio del 2014: «La favoletta della mafia contrapposta allo Stato (e viceversa), che per un secolo e mezzo è stata propinata agli italiani come una dolciastra melassa, andrebbe sostituita da ben altra narrazione: sono sempre esistiti in Italia, lo Stato-Mafia e la Mafia-Stato: E mai come in questo momento, le due entità sono diventate simbiotiche».
La nuova maggioranza parlamentare ed il nuovo governo Pd- 5Stelle dovrebbero urgentemente dare una risposta convincente, rigorosa a questa piaga sociale, ma nel loro pseudo programma non vedo molti punti su questo tema così delicato. Spero che il governo Conte Bis faccia di tutto per combattere tutti i tipi di mafia, ma mi sia consentito di dubitarne. www.IlGiornale.it

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