Dopo un mese di guerra, gli ucraini resistono, e non si sono liquefatti, segno che i geopolitici nudi e crudi hanno un loro perché a bocce ferme. In tempo di guerra, la geopolitica entra in placche tettoniche che ridisegnano la superficie terrestre.

Sia chiaro: su questo argomento ne so quanto voi. Mi esprimo a metafore perché è l’unico modo che ho per spiegare anche a me stesso. Gli unici ucraini che ho frequentato erano saldatori incazzati nel progetto oil & gas dove ho lavorato in Kazakistan. Sul fronte opposto, avevo sposato una russa di terza generazione dai globuli ciano-magenta.

Mano a mano che invecchiamo, “geopolitici” lo diventiamo tutti in varia misura, quando accettiamo i confini e le regole politiche consolidate, ma la Storia procede per linee spezzate e salti quantici, non in linea retta.

Questa guerra poteva essere evitata. Sergio Romano, l’ex ambasciatore anti complottista e al di sopra di ogni sospetto, scrive da anni che la North Atlantic Treaty Organization non fa i nostri interessi: «Gli Stati Uniti stanno trasformando la Nato in una casa per quei Paesi dell’Europa orientale che non possono ignorare i numerosi vantaggi economici dell’Unione Europea, ma non ne condividono gli obiettivi unitari, e preferiscono appartenere a una organizzazione in cui gli Stati Uniti avrebbero un ruolo direttivo» (Corriere della Sera, 6 Febbraio 2022).

Nei decenni passati, noi europei eravamo troppo concentrati a muoverci “millimetricamente” per non dispiacere alla Merkel, quindi la responsabilità è anche nostra: per quieto vivere, e per eccesso di geopolitica miope e comunitaria, abbiamo delegato ad altri la nostra difesa. Questo è il risultato: una guerra che poteva essere evitata.

Ma c’è un prima e c’è un dopo. Il 24 Febbraio segna l’inizio di una nuova realpolitik tutta da inventare. L’Ucraina resiste. La guerra ora è da vincere, a costo di diventare ancora più draconiani con le sanzioni.

Il dibattito è aperto, e non e certamente rassicurante, a partire dalla dipendenza energetica: l’Unione Europea importa dalla Russia, tramite gasdotti, 155 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Quest’anno dagli Stati Uniti arriveranno via nave 15 miliardi di metri cubi aggiuntivi di gas liquefatto. Da chi importeremo il resto? Proprio oggi l’emiro del Qatar (secondo Paese esportatore di gas liquido) ha condannato la guerra, ma l’Europa NON ha comunque abbastanza rigassificatori per convertire in tempi brevi il gas in arrivo via nave.

L’unico dato certo è che è controproducente fare “micio, micio” a un cane idrofobo fuori controllo: è troppo tardi, e bisogna fermarlo. A questo proposito, ho riletto “La Russia di Putin” di Anna Politkovskaja: l’esercito russo, all’epoca in cui il libro fu scritto (2003), era un’accozzaglia di tagliagole, corrotti, stupratori, psicologicamente fragili, disertori. La giornalista pagò con la vita le sue coraggiose inchieste, ma descrisse un esercito profondamente disfunzionale ai tempi della guerra in Cecenia. A giudicare da cosa sta accadendo nel 2022 in Ucraina, le cose non sono cambiate: manutenzione dei mezzi e strategia inadeguata, soldati giovanissimi e inconsapevoli mandati allo sbaraglio, ingentissime perdite, guerra lampo fallita.

Se in un futuro distopico potessimo viaggiare nel passato, e ci trovassimo davanti a Hitler nella culla, i più umanisti e democratici di noi vorrebbero comunque dargli una possibilità: lo seguirebbero con attenzione dall’infanzia all’adolescenza, e in quel lungo viaggio cercherebbero di evitargli le buche più dure, pur di non farlo diventare il mostro che fu. Un novello impero Frankenstein, invece, è perfettamente legittimo strangolarlo nella culla. L’invasione all’Ucraina ci ha messo davanti all’embrionale impero russo ex sovietico che Vladimir Putin ha intenzione di ricreare. Frankenstein junior è da stroncare ora. Siete d’accordo con me?

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