La “propaganda russa”, presunta causa della deriva occidentale, ricorda l’invidia del pene di qualche decennio fa: tutti ne parlano, nessuno l’ha vista.

Non so se sia colpa della propaganda, ma molti di noi non sanno più conciliare il mito fondativo della civiltà occidentale (basato su libertà, fratellanza e uguaglianza) con le atrocità commesse, o sponsorizzate, al di là dei nostri confini.

La cultura della cancellazione, l’insostenibilmente corretto, il pensiero positivo… sono l’effetto, non la causa, della disaffezione alle nostre contraddizioni.

Non credo che la soluzione alla presunta propaganda russa sia la propaganda contraria. Qualche giorno fa, Federico Rampini ha ancora cercato di stringerci a coorte con parole pizzute: «Biden non è stato il falco che aizza gli ucraini a combattere una guerra per procura, secondo la caricatura in voga tra sedicenti pacifisti, russofili e putiniani».

Ah no?

Il suo tam tam mira forse a toglierci le fette di prosciutto davanti agli occhi cisposi, ma più che un “radiofaro” morale, il nuovo Federico Rampini ricorda Caesar Flickerman, il presentatore degli Hunger Games (qui).

Breve sinopsi soggettiva del film The Hunger Games. In un futuro distopico, l’America mette in scena un gigantesco spettacolo, dove decine di pubescenti vengono estratti a sorte, e obbligati a combattere l’uno contro l’altra fino alla morte. Caesar Flickerman non ha le bretelle rosse come Rampini, ma è un variopinto personaggio il cui compito è spettacolarizzare la morte, scorporando ed esaltando le emozioni forti che suscita, e scartando tutto il resto.

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