//////////////////////////////////////////////////////////////////////?>
04Dic 25
Archeologia dei sensi in tempi di consenso
La legge sul consenso è un argomento delicato per noi uomini, e anzichè sbilanciarmi in analisi spericolate, preferisco metterla in metafora con le parole delle canzoni.
Hanno cercato di legiferare che è inutile sperare di recuperare se hanno detto no (qui). E certo: sul piano giuridico sarebbe tutto chiarissimo. Ma il linguaggio dei sensi per fortuna è un’altra faccenda. Per intere generazioni “oh no, ti prego, no” poteva tramutarsi in “si”. Un codice non scritto, pieno di sfumature, di rischio, di fiducia reciproca.
Vale anche all’opposto: ci sono volte in cui lei dice si, ma compensa un desiderio tiepido con orgasmi finti ed estasi teatrale. Se fai l’amore non ti devi sforzare di urlare (qui).
La verità è che i sensi non seguono percorsi logici. A volte becchi una in discoteca, la rivedi la mattina e ti sembra una strega (qui). In questi casi, è davvero così inverosimile che lei stravolga, per ripicca, il linguaggio dei sensi della sera in un linguaggio giuridico del mattino?
La seduzione è sempre entrare nello spazio dell’altra, ma a volte capita di prendere sonore cantonate, come immaginarne il sorriso che non ti ha fatto, ma che tu le hai deciso in un vuoto di felicità (qui), In quel caso conviene mantenere tutto nella dimensione onirica originale di Fabrizio De Andrè.
Nel frattempo, qualcuno in Parlamento vuole prendersi la briga e di certo il gusto di dare a tutti il consiglio giusto (qui), che puntualmente si rivela sbagliato. Prima di legiferare, le senatrici provino a dire SI ad alta voce davanti allo specchio facendo NO con la testa. E poi il contrario: NO a parole e SI con la testa.
Provino la vertigine dell’ambiguità, perché è lì, non nel codice penale che vive il corteggiamento.
Il blog di Andrea Pogliano © 2025
/*
*/ ?>